Lo scrittore Gianni Vacchelli affronta la Comedia dal punto di vista di donne e bambini. Giovedì 15 in Classense

Ravenna | 15 Ottobre 2020 Cultura
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Elena Nencini
Un anno intero di celebrazioni dantesche forniscono l’occasione di spaziare tra tanti aspetti curiosi di Dante. Ne è un esempio l’incontro che si terrà alla biblioteca Classense, in sala Muratori, giovedì 15 (ore 17.30) con Gianni Vacchelli, scrittore e professore all’Università di Milano, che parlerà di Dante tra i bambini e il femminile. Un viaggio negli aspetti più rivoluzionari del Sommo Poeta, sulla scorta dei suoi due ultimi libri, Dante e i bambini (Lemma Press 2019) e Dante e l’iniziazione femminile (in corso di pubblicazione per Lemma Press).
Vacchelli, lei insegna «Identità diverse e culture comparate» in cui parla dell’importanza del pluralismo costitutivo delle culture. Perché Dante ha tanto successo anche all’estero?
«Perché è universale. Anzi è pluriversale. In Dante ci sono più universi. La sua opera è piena di bellezza, sapienza e immaginazione e questo colpisce anche popoli diversi, molto diversi da noi».
Come mai Dante è letto e tradotto in paesi lontanissimi dalla nostra storia e cultura, mentre forse noi non gli diamo il giusto peso?
«È interessante questa riflessione. Sotto alcuni punti di vista per un italiano Dante è un nume, una divinità. Non si può parlarne male in Italia, ma proprio per questo è stato monumentalizzato e museificato. Anche la scuola ha meriti, ma anche grandi limiti: Dante è fatto apparire come lontano, come sommerso da mille note. Certo le note servono, ma alle volte per capire il testo si perde la potenza della sua scrittura. Probabilmente, invece, uno straniero può avere un incontro più sorgivo nella potenza quasi energetica di Dante. Noi lo abbiamo “addomesticato”. Uno straniero che ha meno strumenti, si gode di più la storia della Divina Commedia. Un orientale capisce che ha avuto un’illuminazione. Se ai miei studenti dico che è un uomo che ha vissuto un’esperienza difficile, ma che ha trovato in seguito anche un’illuminazione, loro lo capiscono. Noi invece lo incontriamo depotenziato».
Cosa rende Dante interessante ai bambini e ai ragazzi?
«Quando ho scritto il libro sui bambini mi interessava l’idea che Dante fosse, allo stesso tempo,  un bambino e un adulto al 100%. Ho raccontato dal canto I al canto 100 ai miei due figli tutta la Divina Commedia, naturalmente come se fosse una fiaba. E ho fatto delle scoperte incredibili, perché loro volevano sempre sentirla. Arrivavo alcune sere stanco morto a casa e loro mi aspettavano e mi dicevano “Adesso ci racconti Dante”. Volevano sapere le storie: Dante parlava anche ai piccoli. Si meravigliavano e ho scoperto che ridevano molto, che ne sapevano cogliere tutti i lati comici anche in canti drammatici e impegnativi ed è stata una rivelazione per me. Non vedo Dante come un Peter Pan o un adolescente, ma è puer e senex, se parliamo di archetipi».
C’è una responsabilità della scuola per il fatto che la ‘Comedia’ non è così amata dagli studenti?
«Si, sicuramente, sia a scuola che all’università è stato imbalsamato, nonostante sia un rivoluzionario, audacissimo. Ha come guida un pagano e una donna, vede Dio, compie un viaggio da vivo nel mondo dei morti. Si può rimanere “stecchiti” guardando con altri occhi questo libro, al di là della genialità artistica di Dante. Si perde questo aspetto di altissimo voltaggio, si perde a scuola ma anche all’università dove il procedimento erudito raffredda la potenza di questo poeta.  E poi non dimentichiamoci dell’importanza della spiritualità di questo testo, che non riguarda solo un aspetto religioso, cattolico, ma affronta le grande questioni: l’uomo, la donna, il bene o il male. Lasciare fuori l’aspetto spirituale è un misfatto».
L’ultimo libro che ha scritto riguarda Dante e il femminile. Eppure le donne di cui parla Dante fanno spesso fini tragiche come Francesca o Pia dei Tolomei.
«E’ vero, in realtà si tratta di veri e propri femminicidi: Dante prende nota che sono donne morte per la violenza umana e maschile, sia Francesca che Pia muoiono infatti per mano dei mariti. Però il ruolo delle donne in Dante è potentissimo: Maria, Santa Lucia e Beatrice sono una triade fortissima per il poeta. Del resto il femminile è minacciato nella sua epoca, non è nel sistema di potere del tempo, Ciononostante, e in questo sta una delle rivoluzioni di Dante, nella Comedia, il femminile è fondamentale poichè avviene tutto tramite le donne. Sono Maria e Beatrice a volere che compia il viaggio. Ed è l’intervento della Madonna che porta alla trasformazione del poeta che se no per Dio sarebbe già ‘perso’».
Quindi le donne cambieranno il mondo per Dante?
«C’è sicuramente un aspetto di un femminile rivoluzionario, Dante si rivolge alle donne innamorate pensando che abbiano una forza particolare. Pensa che non ragionino come il mondo maschile, ma abbiano più corde al proprio arco. Pensiamo soltanto alla figura di Beatrice: è una donna che fa politica, giudica papi e imperatori. E’ un femminile incredibile. Non ha bisogno di una veste sacerdotale per rimproverare Dante per il suo comportamento in vita. È morta ma è vivissima».
Come si puo superare la difficoltà legata a una lingua tanto complessa?
«Ci sono tanti piani di lettura. Del resto Eliot diceva che la grande poesia arriva anche se tu non la capisci tutta. Dante va letto con l’anima, non bisogna derogare tutto alla testa, mettere solo in fila le parole, non si può pensare solo alla parafrasi di un canto. Lo dico ai miei studenti: “Guardatelo, immaginate la scena”. Ma non dobbiamo dimenticarci che la grande letteratura richiede anche sforzo: alle volte comunica immediatamente, ma alle volte richiede fatica e dedizione che oggi non vanno più di moda. Da una parte Dante ha una potenza grandissima che allevia alcune difficoltà del testo. Poi restano altre difficoltà, ma la lingua non è un tweet, nè una chat, che sono una deriva della nostra lingua».
Della Divina Commedia si preferisce sempre l’Inferno, perchè?
«Dobbiamo uscire da questo luogo comune che l’Inferno è piu bello, piu vicino. Non è cosi. Capiamo di piu l’inferno perché siamo nell’inferno. E’ come se i canti fossero in sintonia con la nostra vita: quando abbiamo “zone purgatoriali” allora leggiamo il Purgatorio. Se siamo innamorati vogliamo leggere di Dante e Beatrice, dei loro sguardi. C’è bisogno di capire che Dante cambia stato di coscienza da cantica a cantica. Proprio perché lui ha vissuto  passaggi diversi, una trasformazione spirituale».
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