Cirilli all’Alighieri racconta nel suo nuovo show il rapporto con social e telefonini

Ravenna | 28 Aprile 2019 Cultura
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Lunedì 29 aprile alle 21 al Teatro Alighieri arriva il comico Gabriele Cirilli con Mi piace, un divertente monologo sulle abitudini degli italiani di mettere i like sui social. Secondo Cirilli «mi piace» è la parola chiave della nostra esistenza. Da qui parte il comico proponendo uno spettacolo che attraversa tutti i generi: dalla commedia degli equivoci al cabaret, attraverso monologhi, canzoni e balletti che lo impegnano in una prova d’attore completa e sfaccettata. Viviamo tutti per un like, in italiano «mi piace». La nostra vita è un continuo avere e dare un giudizio, sin dalla mattina quando ci alziamo e ci guardiamo allo specchio oppure quando scegliamo un vestito, quando ordiniamo al ristorante o quando scegliamo il film da vedere, la musica da ascoltare, le persone da seguire sui social.
Cosa piace a Gabriele Cirilli?
«Tutto quello che farò vedere sul palco, c’è il mio back up telefonico. Perché se ti piace vuol dire che lo hai messo sul telefonino. Nasce così uno show da foto, app, video, messaggi e quant’altro».
Cirilli, che uso fa del telefonino?
«Lo sto cominciando ad usare adesso. Tanto che, durante lo show, dichiaro che Instagram pensavo fosse la capitale della Turchia».
Il suo rapporto con i social?
«Sono diventati importanti, in particolare per il nostro lavoro che è fatto di pubblicità. Attraverso i social, oltre ai rapporti quotidiani, si riesce meglio a promuovere il proprio lavoro. Non parlo invece dei lati negativi dei social: una volta si andava allo stadio a inveire, oggi ci si sfoga sui social. Io non lo uso in quel modo, sicuramente».
Si dice che i comici siano tristi nella loro vita privata. Che ne pensa sua moglie?
«Allora non sono un comico, perché io sono così anche fuori dal palco. L’ho conquistata ridendo mia moglie. Il nostro segreto è ridere e parlare tanto».
Anche da piccolo faceva le imitazioni, le scenette?
«Ho iniziato all’asilo, dalle suore che mi chiamavano Ivan il Terribile. Mi mettevano in castigo perché le imitavo mentre andavano al bagno, ognuna con le sue caratterizzazioni, quella più signorile, quella più rigida. La punizione era essere rinchiusi in un giardinetto in mezzo alle galline».
Cosa ha imparato dalle galline?
«A farne l’imitazione, tanto che Fabio Insinna dice sempre che, durante i provini, facevo proprio l’imitazione della gallina».
Quando ha capito che poteva diventare un lavoro vero?
«Da subito, quando mi hanno preso alla scuola di Gigi Proietti. Lì ho capito che si faceva seria. Proietti ci ha fatto capire che avremmo dovuto affrontare un lavoro molto duro».
A quale delle tante imitazioni che ha fatto nella sua carriera è più affezionato e perché?
«Imitazioni è una parola grossa, bisogna essere onesti io non ballo, non canto, non imito. Faccio da attore tutto questo: ho preso alcune piccole caratteristiche dei personaggi e le ho messe in ridere. Piacciono anche a chi imito: Johnny Dorelli mi ha ringraziato per l’omaggio che gli ho fatto. Ma anche Pino Daniele, Ligabue, Edoardo Bennato.
A Ramazzotti, con cui siamo amici da tempo, ho fatto lo stalker: gli mandavo dei messaggi vocali ogni mezz’ora con la sua imitazione. Dopo due giorni si è un un po’ arrabbiato. Sono capace di portare all’esasperazione».
Ravenna e la Romagna cosa rappresentano nel suo immaginario?
«Quanto si mangia bene! Mia madre è emiliana, di Scandiano, ma la Romagna ce l’ho nel cuore grazie a tutte le mie amicizie. So tutto».
Piatto preferito?
«Tutti, ma in particolare (e non sbaglia con i tortellini nda) il cappelletto».
Cosa preferisce tra cinema, teatro, tv?
«Ho fatto tutto e male. Lo dico sempre, io vorrei essere un artista a 360°, all’americana, ma in Italia non si fa. Penso che avrei potuto fare meglio tutto. A teatro arriva l’interazione immediata con il pubblico ed io vivo di quella interazione. Col cinema tutto ciò non accade, devi aspettare per sapere come hai recitato. Devi aspettare il doppiaggio, il montaggio. È tutto troppo falsato. Il teatro ti dà quella carica, l’adrenalina, il mal di pancia prima di entrare. E’ la stessa emozione prima di entrare in scena da 30 anni.  Ho sempre detto che se fosse cambiato qualcosa avrei capito che era giunto il momento di smettere».
Progetti futuri?
«Cinque date a Imola con lo spettacolo la Famiglia Addams, finiremo il tour a Roma di Mi piace. E poi non so cosa farò. Il bello di questo mestiere è questo, ti fa venire l’adrenalina, ma l’italiano fa vedere nel momento di crisi che si inventerà qualcosa. L’unica cosa che posso dire che andrò su Canale 5 per una trasmissione tv».
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