Cento chitarre «con lo spartito» al Pala de Andre'

Ravenna | 22 Giugno 2018 Cultura
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Federico Savini
«La chitarra è uno strumento troppo versatile per farsi affossare dalla crisi. Non morirà di certo e, anzi, penso che riemergerà con la forza della sua natura originaria. In fondo, già Segovia parlava della chitarra come di una piccola orchestra». Dice bene Luca Nostro, anche se l’orchestra in cui si troverà a fare da solista non è esattamente piccola. Il chitarrista del Parco della Musica Ensemble sarà uno dei protagonisti di «In a Blink of a Night - Le 100 Chitarre Elettriche in concerto», il grande evento di venerdì 22 giugno al pala de andre' alle 21.30, momento culminante del progetto che il Ravenna Festival 2018 ha dedicato alla chitarra elettrica, icona della popular music del Novecento e del rock in particolare. Diretto da Tonino Battista, un enorme ensemble di 80 chitarre elettriche, 20 bassi, batteria e solisti suonerà a San Giacomo tre composizioni di area colta (di Glenn Branca, Elliot Cole e Michele Tadini), oltre a un medley finale di classici rock di Jimi Hendrix e Led Zeppelin, a riecheggiare l’esperimento romagnolo dei Rockin’1000, che in alcune decine hanno aderito alla chiamata del Ravenna Festival, cimentandosi con composizioni decisamente lontane dal rock e dal tipo di musica che la maggior parte della gente associa alla chitarra elettrica.
«Scopo dell’intero progetto è mostrare le possibilità applicative della chitarra - spiega Luca Nostro -. Insieme a Franco Masotti del Festival abbiamo costruito un percorso (cominciato nei giorni scorsi all’Almagià di Ravenna, nda) che partisse dai primi compositori colti che hanno scritto per ensemble di chitarre elettriche. Dai pionieri Rhys Chatham e Glenn Branca arriviamo alla nuova generazione, quella di Bryce Dessner che riempie gli stadi coi The National ma suona la musica minimalista di Steve Reich e compone per orchestra, e da lui a un gruppo di autori italiani».
Esiste, insomma, una via italiana alla «composizione colta per decine di chitarre»?
«Sì, parte dal grande Fausto Romitelli e al pala de andre' suoneremo un fantastico brano di Michele Tadini. Questa nuova generazione non ha guardato il rock dall’alto in basso; sono compositori che conoscono bene il metal e il punk, per capirci».
Il pezzo di Michele Tadini è del 2012. Che novità introduce?
«Tratta il chitarrista rock come un musicista colto, che sa leggere le partiture. Glenn Branca fu un pioniere 40 anni fa, scrisse per larghi ensemble di chitarristi rock ma gli consegnò partiture molto semplici; efficaci, certo, ma non complesse come quelle che scriveresti per un violinista classico. Michele Tadini ha cambiato prospettiva, tratta il rocker come un musicista versatile, che legge gli spartiti a vista. Oggi è spesso così, anzi è più difficile che un chitarrista classico suoni bene il rock, del quale gli mancano il suono e gli stilemi».
C’è da aspettarsi qualcosa di simile ai vecchi esperimenti dei Deep Purple con l’orchestra?
«No, non è il minimalismo punk di Glenn Branca, come dicevo, ma anche i Deep Purple sono lontani; in fondo loro si limitarono ad orchestrare canzoni nate per un gruppo rock e solo poi arrangiate per orchestra. Il pezzo sinfonico di Tadini è straordinario, ha un contrappunto sofisticato e si rivolge a chitarristi  che impiegano lo strumento a 360 gradi. E’ musica classica-contemporanea, ma con forti echi di rock band attuali come i Tool».
E la fruibilità?
«E’ assoluta, ne abbiamo tenuto conto per il grande pubblico di Ravenna festival. La Lesson di Glenn Branca in fondo è un potentissimo pezzo punk, molto coinvolgente. Il pezzo di Tadini emana divertimento e mostra una faccia inedita del chitarrista rock: quella di rinunciare al protagonismo per collaborare a un risultato d’insieme trascinante. E poi ci sarà il medley rock finale».
Che è «il pane» dei Rockin’1000. Che però non sono musicisti classici…
«Inizialmente le partiture li avevano spaventati, ma già dalle prime prove in aprile il divertimento ha preso il posto dei dubbi. Hanno accettato la sfida entusiasti e ringrazio Fabio Zaffagnini e il suo progetto per aver dato visibilità ai nostri concerti»
Si dice che la chitarra sia in crisi. Il rock è certamente meno seguito dell’hip-hop, tra i giovani…
«Questo è vero, ma la chitarra è versatilissima ed è uno strumento irriducibile al digitale. Verrà rivalutata come strumento polifonico, inoltre storicamente è ponte di collegamento tra la musica acustica e l’elettronica, un vero universo di suoni. A Ravenna suoneremo Jimmy Page non a caso: tra i grandi chitarristi rock è stato forse il più armonico, ha utilizzato lo strumento in tutte le sue potenzialità e da questo punto di vista non ha tradito lo spirito con il quale la chitarra era già stata impiegata nella musica classica».
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