Dante Alighieri è indubbiamente considerato il fautore della lingua italiana, il poeta per eccellenza: dove c’è letteratura, c’è Dante. Visse nel XIV secolo, ma i suoi scritti, così attuali,sono indispensabili per la maturazione intellettuale di ogni individuo, come disse il grande Calvino. Ma se avessimo la possibilità, a distanza di 700 anni, di intervistare il sommo poeta, quali domande gli porremo? Fu così che, ritrovandoselo dinanzi a sé, decisi di dialogare con lui d’amore.
Buonasera, è un piacere e un onore intervistarla. La sua immensità è così grande che la si può toccare e udire.
Dante arrossisce: «La mia immensità la devo a voi, all’umanità, oltre che alla mia sapienza».
Sommo poeta, la nostra civiltà sta vivendo un periodo simili alla bufera infernal: il covid mai non resta. Sono tempi duri, fatti di mascherine e di distanziamento e la nostra sofferenza è tale che desideriamo essere al posto di Paolo e Francesca, abbracciati e al vento esser leggeri. Che cosa la colpì di queste due anime?
«Durante il mio lungo viaggio, tante anime doloranti vidi, ma quelle che più mi colpirono furono proprio Paolo e Francesca: due anime che la forza trovarono nell’amore, il principio del tutto».
Il quinto canto è uno dei canti più amati dell’Inferno. Secondo lei qual è il motivo?
«L’amore, dissi a lei prima, è il motore di tutto. Senza Beatrice non sarei stato Dante; senza Francesca, Paolo non sarebbe stato lo stesso. Uniti l’amore ci tiene, ma l’amore è lo stesso a generare il male più grande: la vendetta».
Alla luce di ciò, perché nel canto di Paolo e Francesca non ha citato la vendetta di Gianciotto?
«Il mio intento era quello di cantare dell’amor, ch’a nullo amato amar perdona, della semplicità e, contemporaneamente, della brutalità dell’amore adultero».
Lei pensa che se diverso?
«Ritengo opportuno che il destino sarebbe dovuto essere lo stesso. La donna doveva essere pura, ma anche l’uomo doveva attingere alla purezza d’animo. Francesca, come qualsiasi altra donna, non è proprietà dell’uomo, ma è libera, la stessa libertà che permetterà ad ella la beatitudine. Con il quinto canto volevo dimostrare il lato oscuro dell’amore, il prezzo da pagare. Il mio è un insegnamento: dietro ad ogni vittoria c’è una sconfitta».
Qual è, mio maestro, la soluzione a questo?
«Leggermi. Educo alla vita e alle sue sofferenze. Il mio spirito guida era Virgilio, il poeta della purezza e fratellanza, ma, come disse Francesca, “Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria; e ciò sa ‘l tuo dottore”».
Un'ultima cosa mio sommo poeta. La frase più famosa di questo canto è: “Amor, ch’a nullo amato amar perdona”. Questa frase è stata sfondo di molti amori, cantata da molti cantanti, come Antonello Venditti. Mi dica, qual è la frase che fa da cornice al suo rapporto con Beatrice?
«“E caddi, come corpo morto cade”» Dante sorrise.