Lunedì 5 Ramin Bahrami suona al Masini le «Variazioni Goldberg»

Faenza | 05 Novembre 2018 Cultura
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Federico Savini
«I re e i politici del passato sapevano comporre e cantare, conoscevano l’armonia e il contrappunto, comprendevano la bellezza. Come ricorda sempre Riccardo Muti, è stato un italiano, Guido d’Arezzo, a inventare le note musicali. Il mondo deve dir grazie all’Italia per questa invenzione, senza la quale non avremmo avuto Bach e la musica classica, l’angelo Mozart e il leone ruggente Beethoven. Chi guida un Paese che conserva e ha donato tanta bellezza deve esserne consapevole, la sensibilità all’arte va considerata necessaria per chi fa politica in Italia». Basta chiedergli delle Variazioni Goldberg, e Ramin Bahrami si trasforma in un fiume in piena che va davvero in sintonia con la straripante creatività bachiana che immortalò su carta il capolavoro che sarà oggetto del secondo, importante concerto di Erf Winter, lunedì 5 novembre alle 21 al teatro Masini di Faenza.
Un evento che segue quello di un paio di settimane fa di Uto Ughi e apre davvero in pompa magna una stagione che vale come scommessa, per l’ancor giovane esperienza del teatro con la musica classica. E Ramin Bahrami, pianista tra i più seguiti a livello internazionale, che il suo maestro Piero Rattalino paragonò al geniale Glenn Gould, è uno degli interpreti più devoti e accreditati, oggi, per suonare la leggendaria partitura di Bach. «Un monumento assoluto, colossale, forse la più grande opera per tastiera mai scritta in forma di variazione - attacca Bahrami, raggiunto in Germania -. Non ho mai creduto alla leggenda che questa composizione venisse eseguita, ogni notte, da un ragazzino di 14 anni che doveva far addormentare l’ambasciatore russo, per il quale fu composta. Anche se sei Einstein, a 14 anni le Variazioni Goldberg non le suoni, punto! In tedesco “Goldberg” significa “montagna d’oro” e questa composizione è davvero la montagna d’oro di tutta la musica».
Cosa rende stimolante suonarla ancora una volta?
«E’ un viaggio nell’infinito di 80 minuti, che si rinnova ad ogni ascolto. E’ una musica che ha la straordinaria capacità di essere sempre diversa con le stesse note. Dimostra l’importanza della variazione, quanto adornare e abbellire una melodia la mantenga viva, in un virtuosismo comunicativo, mai fine a sé stesso. Ogni variazione è un cosmo a sé, indica infinite derive e tocca nello stesso tempo la dimensione più intima dell’uomo».
Concetti che fanno pensare anche al jazz e al suo progetto con Danilo Rea…
«Il mio fratello contrappuntista jazz! Siamo reduci da una gloriosa tournée in Estremo Oriente e il pubblico asiatico ha percepito la nostra musica come fosse la propria musica. A Tokyo il preludio di Bach si è trasformato nella Marcia di Radetzky, portando tutti a battere le mani. La musica di Bach non ha colori, né barriere, né bandiere. E anche Danilo è a suo agio con Bach, per via della sua formazione classica e del rispetto di invenzioni armoniche che sono sempre in linea con l’estetica bachiana, davvero universale».
Tanto che lo suona da vent’anni…
«E’ inossidabile, e poi si presta a molteplici contaminazioni, ad esempio proprio le Variazioni Goldberg sono il punto di partenza di un nuovissimo spettacolo con il quale ho appena debuttato insieme a Gioele Dix, interpolando Bach alla scrittura di Giorgio Manganelli. Per capire con quale monumento abbiamo a che fare, posso annunciare con orgoglio che sono stato coinvolto in un’operazione discografica colossale, senza precedenti. Per il 333° anno dalla nascita di Bach, Deutsche Grammophon, Decca e Universal hanno unito le forze e coinvolto 750 artisti per realizzare un incredibile box di 222 cd dedicato al grande compositore. Questi sono i suoni numeri».
La stagione di classica di Faenza è ancora giovane e da anni si rivolge ai ragazzi, attraverso incontri con gli artisti. Vede interesse, da parte dei più giovani, per la musica classica?
«Si parla sempre di Fedez e X Factor, che indubbiamente sono centrali nella “dieta musicale” dei ragazzi di oggi, ma devo dire che io sono ottimista. E anche onorato del fatto che, insieme al sommo Pollini e al bravissimo Lang Lang, sono risultato il pianista di classica più popolare fra i ragazzi italiani di oggi, in una recente inchiesta giornalistica. Io sono un servitore bachiano e se il mio lavoro può portare questa musica inossidabile a un pubblico nuovo, beh, è qualcosa che mi dà speranza. E plaudo all’operazione che una realtà bellissima come l’Emilia Romagna Festival sta facendo a Faenza. In un Paese come l’Italia abbiamo l’obbligo di promuovere la musica, è importante seminare perché le città italiane possano provare a diventare delle piccole Salisburgo».
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