Gene Gnocchi è «Il procacciatore», sabato 3 al Masini, un attimo prima di «avere l’incarico da Mattarella»

Federico Savini
«Gli ultimi sondaggi danno il mio movimento del Nulla a una percentuale che ci consente di avere la maggioranza assoluta. Lunedì probabilmente riceverò l’incarico da Mattarella…». Bisognerà aspettare lo spoglio delle schede nella lunga notte del 4 marzo per sapere che il movimento per il Nulla che Gene Gnocchi propaganda ogni settimana su La7, a diMartedì, avrà davvero la maggioranza in parlamento, ma – in barba alla par condicio – i faentini avranno l’occasione di vedere il loro concittadino Gnocchi sul palco proprio la sera prima delle elezioni. Sabato 3 marzo, infatti, alle 21 al Masini il comico che da qualche anno risiede in città porterà in scena fuori abbonamento il suo ultimo monologo teatrale, Il procacciatore, scritto insieme a Simone Bedetti. «In scena sono appunto un “procacciatore” di speranze - spiega Gnocchi -, uno che vuole ridare fiducia agli italiani attraverso un movimento da lui fondato».
In che modo?
«Attraverso una serie di conferenze che lo portano su e giù per lo Stivale, sabato a Faenza, appunto. L’esposizione del procacciatore è aiutata da una serie di slide che vengono proiettate sullo schermo grazie a una app che il protagonista ha installato sullo smartphone. Solo che per uin disguido tecnico sullo schermo a un certo punto non compaiono le slide della conferenza ma una serie di messaggi privati a lui indirizzati, che lo costringono a tamponare, in pubblico, una situazione personale delicatissima mentre cerca di portare avanti la conferenza…».
Come dire che la vita priva irrompe sul proscenio nazionale…
«Letteralmente la vita privata del protagonista è sotto gli occhi di tutti e lo spettacolo porta avanti parallelamente due situazioni. Da una parte c’è la conferenza vera e propria, che mi consente di dare uno sguardo a largo raggio sul Paese e dall’altra appunto la vicissitudine privata del protagonista. Il senso neanche tanto recondito è che gli smartphone, che dovremmo usare, finiscono spesso per usare noi contro la nostra volontà».
L’impianto è molto teatrale. E’ prevista l’improvvisazione?
«Certo, perché questo testo mi dà modo di inserire commenti sull’attualità e di divagare su argomenti che non sono sul copione. Poi, durante la conferenza il procacciatore ha proprio bisogno dell’interazione col pubblico per andare avanti. Gli spettatori saranno coinvolti».
E dallo smartphone come ci si difende?
«Io cerco di usarlo poco, lo tengo spento parecchio e non ho profili privati sui social network. Nella mia pagina pubblica posto magari i Rompipallone della giornata e in qualche caso delle battute che “mi avanzano” dalla sera prima, perché al giornale ne mando sempre diverse. In genere sui social mi tengo sul calcio, anche perché gli interventi politici a diMartedì spesso vengono ripresi sui giornali e in genere mi limito a ri-twittarne qualcuno».
E’ soddisfatto di come sta andando a diMartedì?
«Sì, abbiamo riscontri notevoli e sono contento per due ragioni in particolare. La prima è che, anni dopo Ballarò, torno a lavorare con Floris, che stimo molto e mi dà grande libertà espressiva. La seconda è che venire dopo Crozza non era semplice, è stata una sfida. Maurizio è bravissimo e aveva caratterizzato molto la copertina del programma. Cercare di somigliargli non aveva alcun senso, quindi ho fatto qualcosa di “gnocchiano” al 100%, faccio quattro interventi in uno stile che è il mio e devo dire che la resa è ottima, sono molto contento».