Ravenna, i 30 anni della cooperativa Ormeggiatori, un lavoro che partì già nel 1954

Emilia Romagna | 04 Novembre 2022 Economia
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Elena Nencini
Alla metà degli anni Cinquanta, esattamente nel 1954, nasce l’attività degli ormeggiatori nel porto di Ravenna: bisognerà aspettare il 1973 affinché  il Gruppo Ormeggiatori di Ravenna e il Gruppo Ormeggiatori di Porto Corsini diventino un’unica realtà. A raccontare la scelta poi avvenuta nel 1992 di diventare cooperativa è l’attuale presidente degli Ormeggiatori Andrea Armari. «Quella scelta fatta trent’annni fa – commenta Armari – rispondeva a una visione del mondo aperta e solidale e di una struttura organizzativa che avrebbe richiesto un forte senso di responsabilità e condivisione ma che ci avrebbe consentito di esprimere quello spirito collaborativo e propositivo che da sempre anima il nostro gruppo. La cooperazione fa parte anche dei valori di famiglia di ciascuno di noi». 
Come ha scelto di diventare ormeggiatore?
«Sono un marittimo, ho sempre navigato, ma ad un certo punto decisi che volevo fermarmi a casa, non volevo più navigare, stare sempre a bordo: tra i lavori a cui si poteva ambire a quell’epoca c’era proprio quello dell’ormeggiatore. In quegli anni lavoravo per la Petrokan e ho fatto il bando per diventare ormeggiatore tre volte. La terza volta sono riuscito a entrare. Naturalmente ci sono pro e i contro di lavorare in una cooperativa: per me c’è la soddisfazione di poter fare un lavoro ‘mio’. Una cosa è essere sotto un padrone dove non hai grandi responsabilità, ma non hai eccessive soddisfazioni. Invece in una cooperativa senti il lavoro più tuo e sei pronto a spenderti per il lavoro e per i colleghi».
Qual è il vantaggio oggi di essere una cooperativa? 
«Bisogna credere in quello che si fa, siamo una cooperativa orizzontale, ideologicamente parlando crediamo in questo tipo di sistema e, inoltre, si attaglia meglio al tipo di servizio che andiamo a svolgere h24 su 365 giorni. Risponde meglio anche al nuovo regolamento europeo per la fornitura di servizi portuali».
Il primo intervento critico che ricorda?
«La prima situazione che mi ha colpito, mi sembra che fossero i primi anni del 2000, fu quando andammo in mare per disormeggiare una petroliera dell’Enel, il cosiddetto ‘ragno’. Era estate, ma fummo colpiti da un vero e proprio fortunale: ci mettemmo 3 ore e mezza per rientrare in porto rispetto alla canonica mezz’ora. Questa è stata la prima ‘scoppola’ che ricordo ancora». 
Come è cambiato il ruolo degli Ormeggiatori dal 1992 ad oggi?
«Di questi 30 anni io ne ho vissuti 24 anni: sono entrato in cooperativa nel 1998. Fondamentalmente è cambiato un po’ tutto anche se non in modo radicale. Partendo dalle navi possiamo parlare del gigantismo che sta toccando tutti i porti ed ha un riflesso anche sul nostro lavoro: per una nave piccola ci andiamo in due, per una nave grande ce ne vogliono di più, naturalmente. Non parlo solo di grandezza intesa come tonnellaggio ma anche della tecnologia utilizzata a bordo. Quindi sono cambiate le navi sia per la grandezza che per la tecnologia. La formazione ci aiuta a stare al passo con i tempi e con la nuova evoluzione».
Quanto è importante quindi la formazione nel vostro lavoro?
«La formazione è suddivisa su due livelli: la prima riguarda la normativa  81/08  che regola la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro: ogni 4-5 anni va rinnovata la formazione. Poi c’è un discorso interno di categoria, ogni anno abbiamo dei moduli (formazione a distanza) da seguire con esame finale».
Quanti siete?
«28 ormeggiatori come previsto dal servizio di ormeggio, non decidiamo noi. Sono sufficienti a pieno organico, è ovvio che la situazione attuale legata a covid e quarantene ci puo mandare in difficoltà. Abbiamo avuto diversi casi, ma nessun focolaio, dovuto anche al rispetto dalle norme previste dai vari protocolli sanitari che ci ha garantito di non perdere tanti uomini in una volta sola».
Quanti mezzi avete a disposizione? 
«8 mezzi nautici anche se il regolamento ne prevede 9 a cui si aggiungono 7 mezzi terrestri. Ci stiamo preparando per il rigassificatore, anche se ancora non c’è stata data nessuna certezza. Ci stiamo muovendo per trovare l’imbarcazione adatta per il rigassificatore, quando diventerà ufficiale la acquisteremo. Sarà simile alle altre imbarcazioni che abbiamo in dotazione anche se dovrà essere più grande visto che andremo in alto mare. Per i costi parliamo di un importo a partire da 7-800mila euro».
Tra i tanti interventi attuati dalla cooperativa quali sono stati i più eclatanti?
«Abbiamo la sala assemblee e il corridoio pieni di riconoscimenti, ma i più importanti e drammatici sono stati tre: il salvataggio di 10 persone nell’avamporto di Ravenna il 24 settembre del 2004. A causa del forte vento queste persone erano sulla diga e sono state buttate dalla bora dalla parte interna della diga, tra esse anche un disabile. Li abbiamo recuperati via mare. Poi siamo intervenuti nel naufragio del Gokbel del 2014, la collisione tra la Gokbel e la motonave Lady Aziza portò al soccorso dell’equipaggio costituto da 11 persone, ma 5 di queste morirono. Un evento molto drammatico perchè non siamo riusciti a recuperarli tutti. L’ultimo intervento di ormeggio critico risale a qualche mese fa per la nave da crociera Vicking Sea. È stato soprattutto in questi episodi drammatici che si è espresso al massimo quello spirito di abnegazione, collaborazione e cooperazione che sono alla base dell’operare insieme».
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