Ravenna, Dante 700, il violoncellista Sollima: «Il concerto col maestro Muti, un onore lavorare con lui»

Emilia Romagna | 12 Settembre 2021 Cultura
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Elena Nencini
Sono tre le opere ispirate a Dante che Ravenna Festival ha commissionato per questa edizione a compositori contemporanei: l’Inferno a Giovanni Sollima, il Purgatorio a Tigran Mansurian e il Paradiso a Valentin Silvestrov.
A coronare la chiusura dell’anno di celebrazioni per il VII centenario della morte di Dante Alighieri, domenica 12, Riccardo Muti, alla guida dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini e del Coro del Maggio Musicale Fiorentino, dirigerà Le Laudi alla Vergine Maria di Verdi, poi la prima italiana (la composizione è stata presentata il 4 luglio a Erevan per Le Vie dell’Amicizia) di Purgatorio di Mansurian, con il baritono Gurgen Baveyan e la partecipazione di Giovanni Sollima al violoncello. Infine, la Dante-Symphonie di Liszt.
In questa occasione Sollima – eclettico artista che non ha paura di attraversare la musica, dal grunge e rock, dai canti popolari alla classica - è nella versione di musicista, ma  spiega il suo rapporto con Dante e come è lavorare con il maestro Muti. 
Quali sono stati i suoi primi approcci con Dante?
«Sulla Commedia lavoro dal 1999 quando a New York iniziai a raccogliere un gran numero di traduzioni dantesche: in inglese ma anche in altre lingue straniere, come il turco, o in dialetti italiani come il calabrese e il siciliano. Ciò che mi colpiva allora e mi impressiona tuttora è il profondo radicamento di Dante nella cultura popolare, non soltanto italiana. Alcune traduzioni sono veri atti di amori e di adozione del Poeta, con il rispetto del ritmo e dell’endecasillabo quasi maniacale».
Cosa l’ha colpita in Dante?
«Mia nonna recitava la Divina Commedia a memoria, nel linguaggio quotidiano: mi colpiva questo modo che gli anziani avevano di stralciare alcune parti per citarle nella vita di tutti i giorni. In alcune generazioni, e in certi luoghi, la Divina Commedia è entrata a far parte del quotidiano della nostra vita. Un approccio che mi ha salvato da come ti impongono Dante a scuola, mi solleticava parecchio. Poi è un modo che ti ritrovi quando sei più maturo». 
Come è lavorare con Muti?
«E’ straordinario perché è un grande lavoratore, ha la capacità di analizzare il linguaggio, di capire cosa c’è dietro quelle note, di spiegare ai musicisti elementi che non avevano notato. Riesce a valorizzare tutto. E poi è un animo forte, ha un’onestà straordinaria, disarmante. Ho suonato a Chicago con lui, insieme a Yo Yo Ma ed è stato divertentissimo». 
Qual è il suo ruolo in questo concerto?
«All’inizio il progetto - prima della pandemia – era di eseguire i tre lavori in un unico concerto, con dei soli per violoncello, poi – in epoca di Covid – i miei interventi si sono ridotti e trasformati in assoli. Nel concerto di domenica il mio violoncello starà in orchestra, un ruolo concertante che interagisce con le altre parti. Mi è dispiaciuto non poterlo fare in Armenia per Le vie dell’Amicizia ma avevo un calendario fittissimo di concerti da recuperare. La composizione di Mansurian è straordinaria, il suo stile non si piega a mode, ma è lieve, trasparente, puro, affonda nell’antichità.  E’ una terra di mezzo straordinaria questo canto del violoncello e della voce  solista».
Da tanti anni collabora con Ravenna festival, cosa ha trovato con loro?
«Il primo lavoro risale al 1998 quando ho presentato dei canti siciliani ai magazzini dello zolfo. Ho trovato fiducia,  hanno creduto in me e nella mia poliedricità: sono un violoncellista, ma compongo anche, scrivo tarante, pizziche, musica barocca, musica popolare. Sono cresciuto con questa diversità e poliedricità, ma non tutti l’avevano capito. Ravenna festival si». 
Ha composto, per questa edizione di Ravenna festival, un’opera dedicata all’Inferno, a cosa si è ispirato?
«Ho scritto 6 studi, un’idea quasi pittorica, con sei luoghi diversi per un tema molto differente dal Paradiso. Mi ha colpito nell’inferno il tema della pietà, ho visto l’estrema umanità di Dante e di come ci parla del dolore in maniera quasi intima. C’è tanta attualità: l’inferno siamo noi stessi. Sono tornato a indagare la matrice popolare dei suoi versi, di cui mi colpisce il ritmo, la sonorità, la musicalità» Ho scelto un controtenore perché non volevo una voce minacciosa al maschile, ma femminile. Le sonorità terrificanti sono scontate, volevo sottolineare la pietà e l’umanità. In dante è fondamentale il ritmo, la sillaba, la struttura armonica».
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