Federico Ventura, 28 anni, da Ravenna al campionato con Firenze: «La passione per il basket mi ha spinto fino alla serie A»

Emilia Romagna | 12 Aprile 2022 Lab 25
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Tomaso Palli - Per scoprire un grande pezzo della vita di Federico Ventura, basta osservare il tatuaggio sulla sua spalla destra. Un soggetto intento a schiacciare a canestro, come Michael Jordan, ma su una carrozzina indossando la canotta numero 8 perché «se lo ribalti diventa infinito e in questo modo ogni persona può essere infinitamente ciò che vuole». Metafora e passione per il 28enne di Bologna, ma con solide radici romagnole essendo nato a Ravenna. Federico, da oltre due lustri, gioca a basket in carrozzina e lo fa anche piuttosto bene visto che, dopo la promozione dello scorso anno, è attualmente impegnato nella sua prima stagione in Serie A. Sempre con le Volpi Rosse, sempre con la maglia della Menarini Wheelchair Sport Firenze.
Federico, come sta andando la sua stagione d’esordio in A?
«Impegnativa, ma sono davvero molto contento. Mi sto misurando con un livello incredibile per intensità e ritmo, in partita e allenamento, ed è tanto piacevole vedere ogni piccolo e costante miglioramento».
È arrivato dove voleva?
«Mai avrei pensato alla Serie A quindi dico di sì! Credo però di aver raggiunto il massimo del mio potenziale. Non mi reputo scarso, anche se non ho giocato una stagione da assoluto protagonista, ma non mi hanno donato il talento divino, diciamo così. Però, in tutte le squadre, serve anche il Gattuso (ride, ndr)».
Qual è il bilancio della vostra stagione?
«Sicuramente molto positivo: da esordienti possiamo ambire ad un onesto quinto posto finale. Abbiamo vinto le partite che dovevamo, abbiamo fatto ottime figure e, allo stesso tempo, preso anche pesanti batoste. Il percorso di crescita passa da tutto questo».
Un passo indietro: quando ha iniziato?
«A 16 anni, dopo un intervento migliorativo ai femori. In Riviera, a Milano Marittima, ho incontrato un ragazzo che mi ha spinto a giocare e così iniziai a Bologna, dove ho sempre vissuto. Questa è invece la quarta stagione a Firenze».
Quanto è stato importante lo sport?
«Importantissimo! Ho incrociato tanti ragazzi e ragazze con svariati problemi. Ti confronti col “tuo mondo” e ti metti alla pari. Non perché io mi senta svantaggiato rispetto ad un normodotato ma ovviamente non potrò mai fare tutto quello che fa una persona in piedi. Certamente posso provarci».
Ma perché è costretto alla carrozzina?
«Qualche passetto ancora me lo faccio (ride, ndr). Sono disabile perché nato prematuro al quinto mese. Non si sono sviluppate alcune cellule cerebrali legate alla parte motoria. Ma mi ritengo un vero miracolo perché poteva andare molto peggio».
Quali sono stati i momenti più difficili?
«Elementari e medie. Sono stato spesso preso in giro. Ma anche io ero diverso: avevo più difficoltà nell’accettare la situazione, faticavo a relazionarmi e prendevo tutto con rabbia e sensibilità».
E quando il cambiamento?
«Alle superiori con un buon gruppo di amici. Da lì ho iniziato ad uscire e parlare più tranquillamente della mia disabilità. E loro sono stati molto bravi a non farmi sentire disabile portandomi ad un punto di conoscenza e maggiore consapevolezza di me».
Torniamo allo sport: accanto al basket anche il nuoto?
«Ho iniziato l’anno scorso ma questo inverno, tra il lavoro e l’aumento degli allenamenti, ho fatto molta fatica a portare avanti un’attività costante. Volevo mettermi in gioco per un benessere fisico. In più avevo bisogno di nuovi stimoli terminata la stagione di pallacanestro».
E il cronometro?
«I primi riscontri non sembravano affatto male».
Ha pensato all’Olimpiade?
«L’idea c’era. E c’è. Ma dovrei fare una scelta radicale puntando tutto sul nuoto».
Proviamoci ora: basket in A o nuoto per puntare a Parigi 2024?
«È difficilissimo! I bilanci e le scelte si fanno sempre a bocce ferme. Il nuovo potrebbe essere molto stimolante e, dovessi trovare un allenatore che mi propone un percorso per provarci, non lo escludo. La scelta dovrà unire divertimento, leggerezza, stimoli e progetti di vita che, a 28 anni, iniziano ad esserci. Vedremo».
 
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