Coronavirus, il faentino Savorani (Confindustria Ceramica): "La crisi più grave mai vista, sarà durissima, adesso fateci ripartire"

Emilia Romagna | 27 Aprile 2020 Economia
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Manuel Poletti - «Per la ceramica è la crisi più grave della storia, perse quote di mercato estere, assurdo lockdown sui codici Ateco. Ripartire si deve, ma sarà durissima. Oggi liquidità e continuità aziendale sono le emergenze, poi servirà molto tempo per ritornare alla produzione standard, le nuove opportunità ci saranno, ma bisogna essere ancora vivi».
Giovanni Savorani, faentino che guida da anni la Gigacer, è presidente nazionale di Confindustria Ceramica e non nasconde affatto le gravi difficoltà dell’emergenza Coronavirus, che sul settore ceramico sono molteplici.
Presidente Savorani, dopo 2 mesi di «emergenza Coronavirus», qual’è lo stato di salute del camparto ceramico? La crisi colpisce anche il vostro settore, come? Preoccupa più l’export o il mercato interno?
«Il nostro settore, come altri manifatturieri, attraversa la crisi più grave della storia. Abbiamo tutti i forni spenti da un mese; per una settimana, all’inizio della fermata, abbiamo anche subito una inutile e dannosa fermata delle spedizioni. La crisi colpisce in diversi modi, il primo riguarda la situazione sanitaria. All’inizio della pandemia non avevamo una sufficiente conoscenza di come andava affrontata, pertanto è stato necessario fermare la mobilità delle persone e pertanto anche le attività. La crisi è poi peggiorata per il lockdown che è stato imposto via via nei paesi dove normalmente esportiamo, provocando la chiusura, parziale o totale,  delle attività commerciali nostre clienti. In tutta Europa è stata lasciata libera la circolazione delle merci, eccetto quelle che erano giacenti nei magazzini delle fabbriche italiane, facendo si che le ceramiche spagnole e di altri paesi, potessero andare a sostituire le nostre forniture. La storia continua anche  adesso, in Italia abbiamo ancora ferme le fabbriche, quando invece gli altri paesi, nostri concorrenti, non hanno mai fermato veramente le attività industriali; ci troviamo così a perdere quote di mercato a favore dei nostri concorrenti stranieri. Mercato che già di suo si è ridotto per effetto del Covid 19».
A livello nazionale il governo Conte sta facendo abbastanza per le aziende coinvolte? I decreti «Cura Italia» e «Liquidità» vi soddisfano? Che cosa chiedete per il «decreto aprile»?
«Il governo ha fatto un ottimo lavoro con Confindustria e sindacati realizzando il protocollo per la sicurezza sul lavoro anti Covid 19, del 14 marzo. Poi, devo dire, siamo finiti nel nulla, Un assurdo lockdown sulla base di codici Ateco impropri per questo scopo. Un incredibile prolungamento della fermata di tante aziende, comprese le ceramiche,  anche dopo comprovata efficacia del protocollo sicurezza, applicato alle aziende che hanno continuato la loro produzione. I roboanti annunci fatti dal nostro governo per gli interventi di carattere economico, sono sempre mancati di regolamentazioni attuative, così non è ancora arrivato nulla, mentre molte imprese stanno entrando in crisi di liquidità. Unico intervento che ci è venuto in aiuto, è stata la moratoria sui mutui, fino a settembre, ma questo è venuto dal sistema bancario. Per il decreto di aprile, mi auguro, che si sposti l’asse dell’attenzione e degli interventi da finanziario ad economico. Aziende che hanno perso mercato, che riprenderanno la produzione in modo parziale, dopo aver perso un mese e mezzo di fatturato è gioco forza che finiranno in perdita. Come potrebbero mai restituire un prestito, hanno bisogno di aiuto a coprire le perdite per poter assicurare la continuità del lavoro. Ed avranno molto bisogno di prolungare la cassa integrazione, per avere il tempo di riattivare le vendite e riconquistare il mercato. La cura economica dovrà prevedere un grande piano per le costruzioni pubbliche e private. Qui si, serve un grande finanziamento a 25-30 anni, per demolire e ricostruire le abitazioni, con concetti di  antisismica, con il risparmio energetico, il risparmio idrico, tenendo conto delle nuove esigenze derivate da questa contaminazione coronavirus e sopratutto la soluzione delle barriere architettoniche, liberando una popolazione di anziani prigionieri in casa loro».
In Emilia-Romagna Bonaccini vuole farvi ripartire già il 27 aprile, ma il premier Conte frena, se ne riparlerà il 4 maggio. Le aziende sono pronte per la «messa in sicurezza» dei lavoratori?
«Le aziende sono pronte fin dal 14 aprile. Il 10 aprile, Confindustria Ceramica, che mi onoro di rappresentare, ha firmato con le forze sindacali, un protocollo nazionale per l’attuazione dei sistemi di sicurezza anti Covid 19. Siamo continuamente in contatto con i nostri medici aziendali per le corrette attuazioni, abbiamo preso tutte le misure necessarie a mantenere le distanze sociali. Abbiamo organizzato il lavoro agile per la maggior parte dei lavori di ufficio. Abbiamo organizzato le disinfezioni di ambienti e mezzi di lavoro. Adesso, ogni giorno di proibizione del lavoro, si traduce nella possibilità di perdere mercato a favore di concorrenti di altri paesi. Quando una impresa perde mercato, il problema non è solo dell’imprenditore, è anche, purtroppo, dei lavoratori che svolgono la loro attività all’interno dell’azienda, ma è anche del territorio che perderà contributi sociali e fiscali per poter a sua volta garantire sicurezza, pensioni, sanità e scuole. Le aziende sono quelle “macchine economiche” che devono assicurare il flusso finanziario al sistema sociale. La preoccupazione e l’impegno del presidente Bonaccini di voler scongiurare il rischio, di passare da una emergenza sanitaria a un disordine sociale, è totalmente condivisibile e da sostenere».
I sindacati hanno già lanciato l’allarme alcuni giorni fa per tutto il territorio romagnolo. Faenza in questo contesto rischia di più? Gigacer come sta affrontando questo periodo molto delicato?
«I sindacati hanno ragione ad essere preoccupati, non posso che condividere, ciò che ci sta succedendo è sconcertante. Passeremo attraverso la più grande crisi epidemiologica dell’ultimo secolo, subendo il più grande collasso economico dell’era industriale. È purtroppo logico aspettarsi l’arrivo di disoccupazione e povertà, chi si occupa di volontariato in assistenza ai poveri conosce bene l’incremento di bisognosi già visibile adesso, e siamo solo all’inizio. Il nostro territorio romagnolo subisce il lockdown turistico in maniera drammatica. Rischia di perdere la stagione! Gigacer, come penso facciano molte aziende, studia di poter resistere il più a lungo possibile dal punto di vista finanziario, parallelamente lavoriamo per convivere commercialmente con questo nuovo mondo. Dobbiamo riuscire a vendere senza la possibilità di viaggiare. Abbiamo alcune idee già in movimento con l’aiuto della tecnologia».
Da gravi momenti di emergenza a volte nascono anche nuove opportunità. Ne intravvede già per il settore ceramico?
«La necessita di maggiori disinfezioni degli ambienti, pubblici e privati, durante e dopo il coronavirus, dovrebbe portare ad un maggior uso di finiture, di pareti e pavimenti, in ceramica. È praticamente l’unico materiale che resiste e non viene danneggiato da tutti i prodotti che si possono usare per disinfettare e igienizzare le superfici. Di contro, l’unico e collaudato metodo, che hanno le economie dei paesi, per uscire da una grande crisi economica, è quello di finanziare una forte ripresa dell’edilizia, perché funzioni da traino per tutti gli altri settori. Questo per gli associati di Confindustria Ceramica (piastrelle, lastre, sanitari e laterizi) diventerà un buon incremento di mercato. È necessario però mantenere continuità operativa per poter arrivare a cogliere quella ripresa di mercato che sicuramente arriverà».
 
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