Silvia Avallone a «Cervia, la spiaggia ama il libro»

Cervia | 28 Luglio 2017 Cultura
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Federica Ferruzzi

Dopo Acciaio - vincitore del Campiello -, dopo l'amore tormentato di Marina Bellezza - adolescente lusingata dal mondo dello spettacolo e della vita facile -, Silvia Avallone torna sugli scaffali delle librerie con Da dove la vita è perfetta (Rizzoli), in cui ripropone il suo mondo fatto di marginalità, di ragazzi al limite, di voglia di normalità, raccontando la maternità sotto le più diverse sfaccettature. A fare da sfondo la Bologna «bene» che si intreccia con quella periferica di un immaginario quartiere proletario denominato «I lombriconi», dove in mezzo al degrado la speranza è affidata ad un adolescente che di nascosto legge Flaubert.

Partiamo da «I lombriconi», che ci riportano alla copertina di Acciaio, con il tulle di una delle protagoniste che contrasta con la desolazione delle ciminiere. Anche marginalità e adolescenti «difficili» come cifra stilistica. Cosa l'affascina?

«Ho una vera ossessione per la geografia dell'esclusione e quindi per la marginalità dei quartieri popolari. E' grande la simpatia umana per chi cerca riscatto e credo che la letteratura debba raccontare chi ha bisogno di una voce ma non è raccontato. Le periferie sono assenti dal dibattito politico, mentre ritengo dovrebbero esserne la priorità».

Tema di questo terzo lavoro è la maternità: scriverlo con una neonata in braccio cosa ha aggiunto ai racconti?

«In questo romanzo la maternità è vista come opportunità di riscatto, tema trasversale alle periferie e alle mamme di questo libro. La maternità è un’opportunità non solo umana, ma anche lavorativa, che mi ha insegnato cosa può dare un figlio in termini di creatività. Un figlio aggiunge competenze, non le toglie, e questo penso valga sia per un lavoro privilegiato come il mio che per altri. Purtroppo la maternità non è considerata un'opportunità di crescita ma un compito delle donne. Vorrei invece vedere un mondo in cui sono i padri a stare a casa a prendersi cura dei figli insieme alle compagne, perché penso che la famiglia debba essere una squadra».

La riviera romagnola ricopre un ruolo speciale nel libro e anche uno dei personaggi, peraltro non proprio positivo, viene da questa terra...

«Ho un rapporto bellissimo con la Romagna e sono innamorata del mare, simbolo di libertà per antonomasia. Finiscono i muri, i quartieri e inizia l'orizzonte. La riviera è il luogo mitologico della vacanza, è l'estate, la libertà, la spensieratezza, tutto quello che i miei personaggi non hanno e infatti non è un caso che vadano a Riccione in febbraio. Il mare diventa un luogo in cui liberarsi dalla zavorra del passato, staccandosi dalla propria storia».

Il titolo suggerisce che c'è sempre un luogo da dove la vita è perfetta, un luogo imperfetto che però ha la sua perfezione. Qual è il suo?

«I luoghi in cui viviamo le imperfezioni sono quelli che ci fanno mettere in discussione, ci fanno partire, e finché c'è la volontà di partire e guardare da un punto ad un altro significa che stiamo costruendo qualcosa. Nel mio caso Bologna è il luogo verso cui ho guardato e da cui continuo a guardare, è la città dell’Università, quella scelta per il futuro».

Alle 21.30 di venerdì 28 luglio il libro verrà presentato nell'ambito della rassegna «Cervia, la spiaggia ama il libro» all'hotel Parco di Milano Marittima in viale due giugno 49, introdotto dalla giornalista Silvia Manzani.

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