Ravenna, l'Abajur rischia di nuovo la chiusura
«Siamo rassegnati. Non sappiamo ancora se, dopo l’estate, riusciremo a riaprire». Giovanni Sgarbi è uno dei gestori del circolo Abajur di via Ghibuzza passato negli ultimi mesi del 2018 alle cronache per aver sforato i decibel, cosa che aveva disturbato in particolar modo un vicino: «Quando abbiamo deciso di riaprire, tenendo aperto solo tre volte alla settimana e per metà dell’anno, lo abbiamo fatto come forma di onestà nei confronti dei nostri associati e anche per tenere duro, per dimostrare che non ci saremmo facilmente arresi. Ma, obiettivamente, andare avanti è dura. In questa zona ci è imposto, dalla normativa statale, di non oltrepassare i 40 decibel dopo le 22. Un limite basso, bassissimo, se pensiamo che bastano due persone che parlano a superarlo. Il regolamento comunale, d’altro canto, concede 16 settimane all’anno in deroga, che sono comunque molte poche se si vuole mantenere un programma di un certo livello con continuità». Uno dei problemi che si è venuto a creare è stata la chiusura del giardinetto: «Non lo possiamo più utilizzare, cosa che ci penalizza molto soprattutto nella bella stagione, visto che non abbiamo altri sfoghi. Già prima della chiusura ci eravamo auto-limitati molto, per esempio tenendo chiuso il lunedì e il martedì e organizzando i concerti. Stavamo anche aperti fino all’una, anziché fino alle tre, tenendo fede al buon senso. Io, prima che gestore, sono stato frequentatore di questo posto, quindi riesco a mettemi da entrambe le parti». Ma non punta il dito contro il Comune di Ravenna, Sgarbi: «Quando ti multano, viene da prendersela con l’Amministrazione. Ma purtroppo ci sono leggi e normative che vanno applicate, difficilmente il Comune può tutelare noi. E se intorno, da parte di chi chiama i vigili, lo stesso buon senso che abbiamo provato a mettere noi manca, si hanno le mani legate. Peccato, perché avevamo una bella programmazione e tocca rinunciarvi. E davvero, una via d’uscita è praticamente impossibile da intravedere. Lo dico a malincuore, pensando a tutte le cose belle che abbiamo organizzato e che vorremmo organizzare ancora».