Mokador, crescita all’estero grazie alla qualità

«Siamo una realtà in crescita, soprattutto grazie al canale delle capsule. I clienti premiano la qualità dei nostri prodotti, la trasparenza dell’azienda e la chiarezza con cui ci approcciamo a loro. Abbiamo anche una linea di alta gamma in cialda del circuito fair trade (il Huehuetenango, presidio Slow Food), ma l’attenzione al giusto e all’ambiente non si ferma certo qui. Controlliamo personalmente i fornitori nei Paesi in cui viene prodotto il caffè e abbiamo rapporti solamente con rivenditori socialmente responsabili». Con queste parole Niko Castellari, socio insieme al fratello Matteo, riassume i tratti distintivi del mondo Mokador che, dalla piccola bottega artigiana in corso Mazzini a Faenza che produceva caffè per il mercato domestico e lo rivendeva alle famiglie della zona, di strada ne ha fatta parecchia. Oggi l’impresa di torrefazione fattura oltre 15 milioni di euro l’anno (con un trend costante di crescita) e dà lavoro a oltre 70 persone.
Nasce nel 1967 da un’idea di Domenico Castellari, allora rappresentante del caffè Bour Bon e delle caramelle Sperlari. Prima l’ingresso tra bar e caffetterie, poi la nascita delle Case del Caffè a Faenza e nei territori limitrofi (Forlì, Ravenna, Imola, Rimini, ecc.) per far conoscere il marchio e il prodotto al pubblico. «La crescita è stata supportata anche dall’evoluzione degli stabilimenti: dalla bottega di corso Mazzini siamo passati a quello semi industriale in via Portisano, sotto casa nostra - spiega Niko Castellari -. Negli anni ‘80 ci fu il primo salto di qualità dell’azienda, ossia quando entrarono alcuni agenti del settore che strutturarono il ramo commerciale e ampliarono il bacino d’utenza dell’azienda».
Il mercato cresceva e Mokador aveva bisogno di ampliare la propria produzione. «Ci fu un’opportunità a San Benedetto del Tronto, interessante per via degli incentivi statali legati alla Cassa del Mezzogiorno, ma decidemmo di restare a Faenza - continua Niko -. Nostro padre acquisì per un miliardo di vecchie lire lo stabilimento dell’allora Rafa in via Granarolo. Un investimento importante che ci portò ad installare il primo impianto industriale. Ad inizio anni Novanta mettemmo la prima linea per le cialde: era un prodotto innovativo e non fu capito subito. Così usammo quella linea per vendere caffè d’orzo. Oggi con le cialde monoporzione siamo presenti a livello nazionale e internazionale ed è il segmento che sta trainando la nostra crescita. Il segmento Horeca, dove abbiamo un bacino interregionale, si può invece considerare maturo».
Ma che cos’è oggi Mokador? Entri nello stabilimento e ti avvolge un profumo di caffè tostato che, per gli amanti, è quasi una droga. Dentro sacchi di iuta con la materia prima proveniente da Guatemala, Brasile, Honduras e Costa Rica, pacchi e ovviamente macchinari per tostare, macinare e impacchettare. «Prestiamo grande attenzione alla qualità dei nostri prodotti e offriamo la stessa miscela uguale a tutti i bar: da noi non esiste la seconda, terza o quarta scelta - racconta Matteo Castellari durante la visita -. Purtroppo il consumatore di caffè non è abituato a considerare sempre la qualità come accade invece, ad esempio, col vino».
«A questo aggiungiamo un servizio post vendita apprezzato - aggiunge Nico - e una serie di valori che hanno un costo: dal rispetto dei produttori e dei lavoratori al riconoscimento della marca e del packaging».
I risultati non mancano: «Abbiamo tenuto nel settore Horeca, acquistando quote di mercato nonostante la grande attenzione che poniamo alla scelta dei clienti - illustrano -. Nel settore monoporzionato le cialde in carta e le capsule stanno dando grandi soddisfazioni. Abbiamo posto anche grande attenzione alle nostre macchine che hanno linee di design accattivanti e permettono di gustare anche a casa lo stesso caffè di qualità preso al bar».
Il rispetto ambientale di Mokador si declina anche sulla doppia copertura degli stabilimenti con i pannelli fotovoltaici che producono il 60-65% del fabbisogno dell’azienda.
Per il futuro l’obiettivo è rafforzare l’export che oggi rappresenta il 20% del fatturato, grazie alla presenza in Germania, Francia, Spagna, Portogallo, Croazia, Serbia, Austria e... Australia. «Vorremmo arrivare al 40% nel giro di pochi anni, sviluppando i mercati di lingua tedesca, Nord America e Asia. Negli obiettivi dell’azienda c’è quello di esportare all’estero il format di locali a marchio Mokador dopo il progetto pilota avviato a Faenza in via Granarolo, nei quali vendere anche i prodotti».
L’impresa faentina è anche sponsor del Cesena calcio, mentre in passato il marchio è apparso anche sulle livree della Minardi di Formula Uno e nel mondo delle moto con Fausto Gresini (sia da pilota che da team manager).
Christian Fossi
economia@settesere.it
Foto di Raffaele Tassinari