Federico Savini
«Questo film vuole essere un omaggio ai romagnoli, al loro carattere scherzoso e pratico, alla loro capacità di prendersi sempre in giro. Anche nelle situazioni più difficili, anche in trincea». E in effetti, al netto di una prevedibile scurrilità e di qualche luogo comune un po' tirato per i capelli, bisogna ammettere che l'intento di Paolo Cevoli, per la prima volta regista oltre che protagonista di Soldato semplice, è sincero. Il comico romagnolo nei giorni scorsi è stato praticamente in tour per le sale del nostro territorio, a Ravenna il giorno di Pasquetta e al Cinedream di Faenza la sera di Pasqua, dove è stato accolto - tra una proiezione e l'altra, dopo le 22 - da una folla esultante e divertita.
Nel film Cevoli è un professore romagnolo, parimenti mammone e donnaiolo, che si arruola tra gli alpini nella Grande Guerra non esattamente «da volontario», come cerca di sostenere per gran parte della pellicola, ma in realtà proprio perché della guerra, da romagnolo pragmatico e anarcoide, Cevoli non ha per niente una buona opinione. Al fronte il soldato semplice Cevoli si ritrova a fare l'eliografista - in omaggio al nonno, quello vero del comico -, aiutato da un giovane, coraggioso e brillantissimo ragazzo di Capri, a sua volta sbeffeggiato dai commilitoni veneti, in una babele di accenti che - anche qui, al netto delle coloriture, degli eccessi parodistici e dei richiami all'attualità, forse eccessivi - racconta le difficoltà linguistiche dei soldati italiani, per la prima volta chiamati tutti insieme a combattere un nemico comune, un esercito di militari austriaci per i quali l'equazione «italiani spaghetti mandolino» è il pane quotidiano.
«La prima idea era fare un film su Francesco Baracca - ha spiegato Cevoli al Cinedream -, è stato un pilota straordinario, meglio del Barone Rosso, e un vero romagnolo. Lo sapevate che anche la prima motocicletta immatricolata in Romagna era sua? Era il Valentino Rossi di allora e si dava parecchio da fare anche con le donne. Insomma, quel che c'era da montare lo montava... Comunque da ufficiale riuscì ad abbattere 34 “apparecchi” nemici, era calmo e freddo come sanno esserlo i romagnoli nel momento del bisogno».
Però il film, in effetti, di Baracca non parla nemmeno. «Questo perché velocemente abbiamo capito che costava troppo, e proprio partendo dalla foto di mio nonno con l'eliografo ho deciso di raccontare le vicende di un romagnolo al fronte, in mezzo agli alpini. E’ anche un confronto di dialetti, accenti e mentalità, ma non diventa mai uno scontro, i soldati italiani riesco a fare gruppo piuttosto bene, anche grazie agli scherzi».
Il film, peraltro, si apre e si chiude con spettacolari riprese di Capri, che fanno il paio con altrettanto monumentali viste delle alpi. La maestosità di queste sequenze è però continuamente frammentata dalle scene comiche. «E' importante che ci sia la comicità - continua Cevoli - perché è un film ambientato in guerra, in una situazione drammatica. Quando le cose van bene son capaci tutti di ridere, invece mi interessava proprio mostrare anche il lato ludico della guerra, gli scherzi che si facevano anche al fronte e il fatto che i romagnoli hanno sempre la boiata in canna».