Una dozzina di artisti faentini in mostra alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna

Faenza | 10 Marzo 2015 Cultura
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Federico Savini
«Il bello della scultura ceramica è che sa calarsi nella contemporaneità con grande freschezza e ottimi risultati; dalla tradizione conserva una manualità, un saper fare, che nel contesto dell’arte contemporanea di oggi è una garanzia d’eccellenza che pochi settori possono vantare». Quante volte l’avete sentito dire a Faenza? Beh, la notizia è che queste considerazioni arrivano da Roma, per bocca di Mariastella Margozzi, storica dell’arte che insieme all’artista Nino Caruso ha curato la mostra «La scultura ceramica contemporanea in Italia», al via giovedì 12 marzo alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna della Capitale. Sarà un’autentica vetrina nazionale della scultura ceramica, nella quale Faenza ricoprirà, inevitabilmente, un ruolo centrale. C’è infatti una collaborazione col Mic (Claudia Casali ha anche firmato uno dei saggi del catalogo) e gli artisti faentini in mostra sono numerosi. In mostra circa 200 opere per 65 artisti (a partire dal «residente» Leoncillo), con parecchi nomi del nostro territorio: Carlo Zauli, Panos Tsolakos e Alfonso Leoni per la «generazione uno» (formatasi sulla scia di Leoncillo, Martini, Melotti e Fontana), poi Bertozzi&Casoni, Aldo Rontini, Emidio Galassi, Goffredo Gaeta, Ivo Sassi, Guido Mariani, Alberto Mingotti, mentre della «generazione ultima» fanno parte Martha Pacion, Antonella Cimatti, Mirko De Nicolò e Fiorenza Pacino.
«E’ la prima grande collettiva romana dedicata alla scultura ceramica - Mariastella Margozzi conferma l’eccezionalità dell’evento -. Aprirà un varco su un mondo sconosciuto alla gran parte del pubblico dell’arte contemporanea. La ceramica ha accompagnato gli italiani, e prima di loro gli etruschi, come tradizione artigianale, per poi diventare arte di altissimo livello, ma non tutti lo sanno, specie per quel che riguarda l’arte di oggi. D’altra parte il lavoro sulla ceramica per tradizione impone quasi un riserbo. Abbiamo scelto 64 artisti da tutta Italia, intorno a un nucleo di sculture di Leoncillo, nel centenario della nascita. Avremo circa duemila metri quadrati di esposizione».
Cosa pensa impressionerà il pubblico?
«L’originalità della ceramica contemporanea e i suoi colori. Anche senza smalti la ceramica “vive” nei colori, diversamente dal bronzo e il marmo».
Sopravvive un pregiudizio sulla scultura ceramica?
«Direi che a Roma è più una scarsa conoscenza; il nostro compito è colmare questa lacuna. Di quest’arte Faenza è la capitale, col Mic come meraviglioso museo di riferimento. Spesso non si coglie che l’artigianato può diventare arte, ma in Italia è accaduto in tantissimi campi. Poi gli scultori ceramici del Novecento hanno attraversato le avanguardie con sorprendente libertà, senza schierarsi nelle correnti e sviluppando linguaggi propri. Penso che anche la “quotidianità” dell’arte ceramica l’abbia aiutata a preservarsi così vitale»
Conta la lontananza dai grandi centri?
«Penso di sì, la ceramica è stata in qualche modo “protetta” dai ritmi stressanti delle capitali, ha tenuto insieme la curiosità e il saper fare».
Avete ordinato gli artisti in tre generazioni. Che differenze si notano?
«La prima tappa è l’emancipazione dalla tradizione artigianale; una volta acquisita la consapevolezza di poter usare la ceramica in linguaggi contemporanei le nuove generazioni si sono misurate anche con l’arte concettuale, quella cinetica, la video-arte e altro ancora»
La provenienza geografica si traduce in peculiarità?
«Uno sguardo d’insieme non rileva grandi differenze. In mostra ci sono tanti faentini, ma anche veneti, siciliani e abruzzesi. Non ci sono confini stilistici, Nino Caruso l’ha colto bene. Stante la materia di base, poi cambiano le suggestioni e le contaminazioni, c’è chi racconta gli elementi e chi racconta storie. L’assenza di una specifica critica di settore credo abbia aiutato la spontaneità di questi scultori. Il discrimine più evidente è forse quello di genere, contrappone la grande forza delle opere di artisti uomini alla cura amorevole delle donne per questo materiale».

La mostra rimarrà allestita fino al 7 giugno. Info www.gnam.beniculturali.it.
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