Confartigianato: "In quattro anni tasse aumentate dal 50% al 200% per le imprese"
Nel quadriennio più duro, quello che va dal 2011 al 2014, tra imposte sugli immobili, tasse e tariffe sui rifiuti gli aumenti per le imprese sono oscillati tra il 50% e il 200%. A rivelarlo è il «libro bianco sulle imposte e sulle tasse comunali» stilato dalla Confartigianato allo scopo di, come sottolineato dal segretario provinciale Tiziano Samorè, «incidere ulteriormente nel confronto con le pubbliche amministrazioni». Il documento, unico in provincia, ha preso in considerazione le spese di cinque aziende tipo - capannoni artigianali, bar, servizi alla persona, carrozzerie e autofficine - per le imposte comunali sugli immobili (Ici, Imu e Tasi) e la tassa per lo smaltimento dei rifiuti, monitorando, dal 2011 ad oggi, tutti i 18 comuni della provincia. Gli aumenti, pur variabili da comune a comune, sono significativi, come dimostra il caso di una parrucchiera che in quattro anni ha registrato aumenti di oltre il 100%. «Abbiamo ragione da vendere - sottolinea Samorè -, anche perchè, per far fronte a queste spese, le aziende non investono al loro interno e restano al palo. Ci sembra assurdo che queste realtà debbano pagare più di quanto effettivamente ricevano. Il welfare comunale non può basarsi solo su di loro». A causa di una maggiore presenza di dati, l'indagine si sofferma sulle spese riguardanti la tassa sui rifiuti ed evidenzia come, in provincia, il sistema delle imprese smaltisca a proprie spese il 91,5% di quanto prodotto. «Le imprese - spiega Riccardo Caroli, presidente provinciale – pagano molto di più di quanto dovrebbero se la suddivisione dei costi fosse davvero proporzionale ai rifiuti assimilati urbani». Stando all'indagine, se si prende in esame la produzione dei rifiuti sul territorio, sull'intera quota recuperata solo il 7% proviene dalla raccolta differenziata dal servizio pubblico, mentre il 93% deriva dal recupero effettuato dalle imprese. Per la parte dei rifiuti avviati a smaltimento l’11,7% proviene dal servizio pubblico di raccolta, mentre l'89,3% viene smaltito direttamente dalle aziende, ma a proprie spese. «Ciò nonostante - osserva Antonello Piazza, responsabile sindacale - le imprese contribuiscono economicamente al servizio pubblico di raccolta con percentuali che variano dal 30% al 50%. Per Confartigianato – prosegue il sindacalista - è quindi chiaro che, anche in questi anni di gravissima crisi economica ed occupazionale, il sistema imprenditoriale ha contribuito oltre misura al servizio pubblico di raccolta rifiuti e questo ha limitato la spesa del cittadino. Chiediamo quindi ai sindaci dei diciotto Comuni che l’attenzione alle imprese non sia solo dichiarata, ma venga anche praticata attraverso l’adozione di provvedimenti concreti, che riducano anche una burocrazia spesso asfissiante ed inutile».