Successo a Torino per «Il Treno va a Mosca», documentario sul viaggio in Urss di un gruppo di alfonsinesi nel 1957

Claudio Ossani
Il Treno va a Mosca, dice il titolo, ma non è questo l'unico viaggio. C'è il Festival mondiale della gioventù, anno 1957, nella capitale dell'Unione sovietica. C'è la militanza comunista e la fine dell'utopia. «C'è la politica con i suoi veri valori, quelli fondanti nel bisogno di comunità e socialità di un piccolo paese raso al suolo dalla Seconda guerra mondiale» aggiungono i due autori e registi. E c'è Alfonsine, cuore della Romagna rossa, coraggio di una generazione, coscienza di Storia e Memoria.
«Il Treno va a Mosca è soprattutto un viaggio di formazione» spiegano i trentenni Fabrizio Ferrone e Michele Manzolini, arrivati dalla Toscana e dalla Valtellina ma cresciuti a Bologna fin dagli anni del liceo. A questo progetto hanno lavorato quattro anni, seguendo la pista del loro interesse e le tracce di un vecchio filmato amatoriale ritrovato a Home Movies, l'archivio nazionale del Film di Famiglia, superlativa officina culturale che da un decennio sotto le Torri raccoglie e conserva alle opportune temperature un patrimonio di 6mila ore di materiali. «Il filmato 8mm del partigiano alfonsinese Enzo Pasi, meccanico e videoamatore – racconta Ferrone – ci è sembrato subito straordinario: abbiamo abbandonato l'idea di un documentario compilativo di interviste e immagini d'archivio perché quel treno per Mosca del '57 era qualcosa di molto forte e speciale». I due registi scoprono così che ad Alfonsine anche Luigi Pattuelli, il partigiano Profes, membro della 6a Compagnia della 28a Brigata Garibaldi, e il più giovane Sauro Ravaglia, barbiere comunista, hanno impresso sulle loro pellicole l'aria che si respirava in quel Dopoguerra di sogni e speranze. «Abbiamo acquisito – continua Manzolini – oltre venti ore di girato e aggiunto immagini d'epoca di Alfonsine di Enzo Donati, oltre a un 10% di materiale coevo, per dare una forma al nostro tentativo cinematografico».
Il Treno va a Mosca è anche un capolavoro di passione tecnologica. «In collaborazione con la Cineteca di Bologna, i film di Pasi, Pattuelli e Ravaglia sono stati restaurati dal laboratorio dell'Università di Udine: è la prima volta in Italia che un 8mm viene digitalizzato in 2k, l'effetto sul grande schermo non ha nulla da invidiare a un film nativo in 35mm». Ferrone e Manzolini si sono poi dedicati a ricostruire il sonoro delle pellicole mute dell'epoca, mentre a partire da canti popolari è stato il chitarrista e compositore Francesco Serra a vestire il film con una colonna sonora scritta dopo il montaggio di Sara Fgaier. A narrare le immagini è invece la voce fuori campo di Sauro Ravaglia, che «senza scomodare sociologi o politologi – sottolineano i registi – ripercorre il suo passato e i suoi dubbi nella storia della sinistra radicale italiana, da Alfonsine al viaggio a Mosca a quello nell'Algeria post liberazione, sempre alla ricerca degli ideali di uguaglianza e libertà, fino ai funerali di Togliatti».
Applaudito da 1500 persone nelle quattro proiezioni di fine novembre al Torino Film Festival, sarà ora Istituto Luce Cinecittà a distribuire in sala Il Treno va a Mosca, un nuovo titolo che conferma la forza del documentario nel migliore cinema italiano.