RAVENNA | Cento opere di Carlo Levi in mostra al Pala De Andrè dal 30 agosto

Sicuramente se viene citato il nome di Carlo Levi si pensa immediatamente al suo libro più famoso, Cristo si è fermato ad Eboli, (1945), eppure la personalità di questo intellettuale spaziò dall'impegno sociale alla politica, dalla medicina alla pittura. E proprio la sua produzione pittorica, lui allievo fin da giovanissimo di Felice Casorati, può aprire uno squarcio sul secolo scorso e sull'impegno culturale e politico che ebbe a favore del Mezzogiorno.
Inaugura venerdì 30 agosto al Pala De Andrè, alle 19 all'interno della Grande Festa del Pd, la mostra «Carlo Levi. Il volto del Novecento». La curatrice Silvana Costa spiega che «Levi fu proprio il volto del Novecento, fu uomo di forti principi, attento a tutto quello che succedeva intorno a lui. Si potrebbe prenderlo come esempio di politico: uno che si occupa di territorio, ma fa anche il pittore. Inoltre così ricordiamo che cinquant'anni fa Levi è stato senatore per la prima volta».
In mostra oltre cento opere, dagli anni '20 agli anni '70, tra pittura, scultura e monotipi per raccontare l'intellettuale e l'artista, ma anche ricordare il suo ingresso in politica: era il 1963, quando per dare peso alle sue inchieste sociali sul degrado generalizzato del paese, e mosso dal desiderio di modificare una politica stratificata su un immobilismo di conservazione di certi diritti acquisiti anche illegalmente, Levi, convinto dagli alti vertici del Pci, cominciò a svolgere politica attiva. Verrà eletto per due legislature come senatore.
Carlo Levi iniziò a dipingere appena ventenne, ma è durante un soggiorno a Parigi che acquisì una sensibilità post-impressionista, che risolse in un personalissimo espressionismo pittorico. Per una precisa posizione culturale coerente con le sue idee, Levi considerava espressione di libertà la pittura in contrapposizione non solo formale, ma anche sostanziale alla retorica dell'arte ufficiale, a suo dire sempre più sottomessa al conformismo del regime fascista e al modernismo ipocrita del movimento futurista.
L'esperienza di confino in Lucania, in contatto diretto con quella realtà contadina di cui parlerà nel suo libro più famoso, assumerà un ruolo chiave sia nella sua produzione pittorica sia in quella letteraria. A colpire sono soprattutto i ritratti, dal critico d'arte Antonello Trombadori ai politici, fino a Cesare Pavese, al pittore Filippo De Pisis e al letterato Leone Ginzburg.
Al Pala De Andrè fino al 16 settembre, visibile tutti i giorni ore 19.30-23.30. Info 335/8151821.