Ravennate, gli affari sono col manifatturiero nell’Ue: export +46,77% in 10 anni

Ravenna | 12 Febbraio 2017 Economia
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In dieci anni la bilancia commerciale (la differenza tra esportazioni e importazioni) del tessuto economico della provincia di Ravenna è migliorato di circa 400 milioni di euro, passando da un disavanzo di oltre 334 milioni del 2006 a più 77 milioni del 2015, con la previsione di chiudere a una settantina nel 2016 (al terzo trimestre l’avanzo era di 53 milioni di euro). Un cambio radicale quello fotografato dai dati Istat, spinto dalla maggiore propensione delle imprese ad innovare ed esportare nei periodi difficili della lunga crisi economica che stiamo vivendo dal 2008, che si esplicita anche nel giro d’affari: un quarto in più nell’import e un aumento quasi della metà dell’export. Infatti le importazioni sono passate dai quasi 2,82 miliardi del 2006 agli oltre 3,56 miliardi di euro del 2015 (+26,24%), con una prospettiva di chiusura del 2016 in linea con questo dato (o comunque un lieve calo); le esportazioni sono cresciute dai 2,48 miliardi del 2006 ai 3,64 miliardi del 2015 (anche qui, il 2016 è previsto in linea, con una piccola diminuzione): +46,77%.
Il mercato principale è quello europeo (2,36 miliardi di euro di merce importata nel 2015, 2,6 miliardi nei primi nove mesi del 2016 ed erano 1,7 miliardi nel 2006; 2,59 miliardi esportati nel 2015, 2,03 miliardi al terzo trimestre 2016, 2 miliardi nel 2006), in particolare quello dei 28 Paesi dell’Unione (1,75 miliardi nel 2015, 2,6 miliardi nei primi nove mesi del 2016 ed erano 1,7 miliardi nel 2006; 2,27 miliardi di vendite all’estero nel 2015, 1,8 miliardi al terzo trimestre 2016, 1,72 miliardi nel 2006). Germania, Russia, Francia, Spagna e Regno Unito sono i mercati continentali di riferimento. Per quanto riguarda le importazioni seguono Asia e America, ma con un sesto del fatturato, mentre per le esportazioni si scende a quasi un decimo. Con i Paesi del Brisc (Brasile, Russia, India, Sud Africa e Cina), che tanto sono cresciuti in quest’ultimo decennio, le importazioni (554 milioni nel 2015) valgono quasi tre volte le esportazioni (197 milioni nel 2015).
Il grosso degli affari si fanno col manifatturiero che nei primi nove mesi del 2016 hanno visto importazioni per 2,16 miliardi di euro ed esportazioni per 2,52 miliardi, mentre nel 2015 erano stati rispettivamente 3 miliardi e 3,43 miliardi: oltre un miliardo in più sia nell’import (2,52 miliardi) che nell’export (2,29 miliardi) del 2006. Il bacino di riferimento è quello europeo che nel 2015 ha cubato importazioni per 2 miliardi (1,54 gennaio-settembre 2016; 1,53 nel 2006) di cui oltre il 76% con l’Ue ed esportazioni per 2,4 miliardi (1,9 miliardi al terzo trimestre 2016; 1,83 miliardi nel 2006) di cui l’88% abbondante nell’Ue. Circa un quinto rispetto a quelle europee sono le importazioni con l’Asia che nel 2015 valevano 556 milioni, 385 nei primi 9 mesi del 2016 e 368 nel 2006, mentre le esportazioni sono passate dai 181 milioni di dieci anni fa ai 354 del 2015, mentre nel 2016 erano 268 milioni a fine settembre. Altro importante mercato è quello americano che nel 2015 ha visto 363 milioni di euro (di cui 291 all’America centro-meridionale) nelle importazioni e 329 milioni (di cui oltre 222 nel Nord America), raddoppiando grossomodo i dati del 2006 (194 e 147 milioni).
Il secondo settore per rilevanza negli scambi con l’estero è quello agroalimentare con una prevalenza delle importazioni (che sono valse 471 milioni di euro nel 2015, 405 milioni nei primi nove mesi del 2016), quasi triplicate negli ultimi 10 anni (erano 168 milioni nel 2006) col boom dell’America passata da 42 milioni ai 210 del 2015, soprattutto dal centro/sud del continente, passato da 16 a 131 milioni. Le esportazioni sono cresciute invece molto meno: dai 157 milioni di euro del 2006 ai 178 milioni del 2015 (+13,37%).
Rispetto al manifatturiero e al comparto agricolo risultano residuali gli altri settori merceologici che valgono lo 0,8% delle esportazioni totali e l’1,57% delle importazioni.

Christian Fossi
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