Bensadiq Abdellah, presdente comunità islamiche Emilia Romagna: «La religione unisce»»

Romagna | 09 Gennaio 2017 Blog Settesere
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«Il 2016 è stato un anno difficile per tutti, dalla crisi agli attentati terroristici. Ma Dio è misericordia, ci mette al mondo per essere felici. Sono gli uomini che si allontanano da Dio a portare violenza, guerre e massacri». Il lughese Bensadiq Abdellah, presidente delle Comunità islamiche dell’Emilia Romagna, ha le idee chiare. «Mi auguto, per il 2017, che nessuno torni a confondere la religione col terrorismo: le grandi religioni monoteiste sono solo portatrici di amore e pace».
Il 2016 è stato un anno segnato ancora dal terrorismo internazionale e dai forti flussi migratori. C’è posto per tutti in Europa?
«C’è posto ovunque per tutti. L’immigrazione è sempre esistita, fa parte dell’umanità. E’ uno strumento di crescita per i popoli che si incontrano, ma è un fenomeno che va gestito in base ai reali bisogni del paese ospitante, che potrebbe arricchirsi con nuove professionalità e nuove culture. Ma spesso, dietro a queste massicce migrazioni, si nascondo mercanti di esseri umani che nulla hanno a che vedere con chi si muove in altri territori per cercare una migliore condizione di vita, scappando dalla povertà o dalla dittatura».
La Bassa Romagna è un territorio ospitale?
«Per ilm 95% dei casi dico ‘sì’. Io sono qui da 27 anni, e conosco l’indole dei romagnoli: persone che amano la vita, con grande predisposizione alla socialità, e che si chiudono se trovano qualcosa che si sentono traditi e tendono a tagliare fuori chi si comporta male. Basta conoscersi per aprire una relazione dim reciproco rispetto».  
Le è capitato di assistere, o di essere vittima di fenomeni di razzismo?
«No, fenomeni di razzismo veri e propri non me ne sono capitati. A volte percepisco una certa diffidenza, ma non considero nemmeno queste piccolezze. Penso accada un poco ovunque, ma basta non fare cao a quersti atteggiamenti dettati dall’ignoranza. Sono tempi duri per tutti, le difficoltà minano la coesione della società, ma quando si lavora per la reciproca conoscenza possiamo parlare di un clima sereno. Capita ancvora di sentire qualcuno che confonde la religione islamica col terrorismo, ma oramai la maggioranza dei cittadini italiani è convinta che siano due fenomeni ben diversi».
La religione è un elemento che unisce o che divide?
«La religione unisce. Dio ci ha creato per stare bene prima in terra, poi in paradiso. Dio ci ha dato la sua parola per amare la vita vivere, non per generare guerre e violenza.  
Cosa serve per parlare, in futuro, di piena integrazione?
«Penso a due elementi strettamente legati. Da una parte le ‘seconde generazioni’, i figli degli immigrati che, di fatto, saranno cittadini italiani, vivranno da italiani e non avranno barriere linguistiche e culturali. Dall’altra l’atteggiamento dei responsabili dei centri islamici, che devono cedere il timone dei centri ai ragazzi più giovani. Il percorso è ancora lungo, diamo le chiavi ai giovani. E rivolgo un invito alle amministrazioni locali: le persone hanno voglia di conoscersi e collaborare, spero che le istituzioni ci chiamino e prendano l’iniziativa per promuovere iniziative mirate alla reciproca conoscenza».  (s.sta.)
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