Ravenna, i primi 500 giorni di De Pascale sindaco: "Sul Porto mi gioco molto, grandi cantieri nel 2019"

Romagna | 24 Novembre 2017 Politica
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Manuel Poletti - «Sul Porto mi gioco molto, ho grandi aspettative, sono soddisfatto dei risultati ottenuti fino a questo momento, la maggioranza rimane coesa, nonostante le fibrillazioni nazionali fra Pd ed Mdp».
Michele De Pascale è sindaco di Ravenna da 500 giorni, in questa intervista compie un bilancio di questo primo stralcio di legislatura. Stile pragmatico, comunicazione sobria («quando serve»), ed una serie di progetti in larga parte finanziati già in agenda per i prossimi anni, soprattutto per il 2019.
Sindaco, che sensazione hanno lasciato i primi 500 giorni a Palazzo Merlato? L’energia, come recitava lo slogan della «sua» campagna elettorale, è percepibile…
«Sono soddisfatto dei risultati che stiamo ottenendo. Abbiamo messo in moto tanti progetti, il più importante dei quali è quello sugli scavi al porto, sul quale punto e mi gioco moltissimo. Poi c’è stato tanto altro: dal sociale al turismo, dalla chimica ai progetti del palasport e della Rocca, dalla cultura alle scuole. Ravenna deve essere sempre più una città di caratura internazionale, ha un potenziale enorme».
La maggioranza che la sostiene «regge»? Qualche voto contrario in consiglio di Mdp la preoccupa o no?
«La maggioranza è molto coesa. Non mi preoccupano i voti contrari sul Ceta, che non c’entra con i progetti della città. Anzi, visto le dinamiche nazionale di coalizioni nel centrosinistra, posso dire che a Ravenna le abbiamo anticipate di un paio di anni».
Crede davvero che alla fine Pd e Mdp alle Politiche vadano a braccetto?
«Lo spero anche se le condizioni attuali mi sembrano molto difficili per una coalizione di centrosinistra unica. Divisi si rischia davvero di perdere, non possiamo permettercelo, i nostri elettori non ce lo perdonerebbero, non possiamo rischiare di consegnare l’Italia ai populisti di varia estrazione».
Sull’economia si sono mossi i passi più importanti. Il progetto degli scavi al Porto rischia di non arrivare al Cipe in tempi utili?
«La strada per il progetto degli escavi è in agenda: a metà dicembre passerà al vaglio del Consiglio superiore dei lavori pubblici ed entro gennaio dovrà arrivare al Cipe per il via libera definitivo. Ringrazio l’Autorità portale per il lavoro svolto, oltre al ministro Delrio, senza l’impegno del quale non saremmo neanche a questo punto».
E’ evidente che nel mondo portuale ravennate non ci sia più la litigiosità di due anni fa. O sbaglio?
«Lei ha ragione, questo è stato un elemento fondamentale per arrivare in tempi utili ad elaborare il progetto che abbiamo portato a Roma. Ricordo che la portata dell’intervento che vogliamo fare è storica, dopo la realizzazione dello scalo stesso, questo piano rappresenta l’intervento più massiccio».
Ma i vantaggi arriveranno solo fra 4/5 anni. Gli investitori aspetteranno?
«Sono certo che se entro la primavera 2018 ci presenteremo a loro col progetto approvato e date certe dei lavori molti ne saranno soddisfatti. Dobbiamo dare un’agenda certa del porto, dopo anni di rinvii e litigi».
L’Emilia Romagna vanta numeri economici da primi posti in Europa, ma a ben guardare c’è un effetto «via Emilia». Ravenna cresce ma molto più lentamente delle altre città romagnole. Come invertire questo trend?
«Certo, essere fuori dall’asse viario principale un po’ influisce, ma noi stiamo puntando molto su altri fattori come il turismo d’arte, ed i numeri ci stanno dando ragione e sul Porto. C’è poi il tema delle infrastrutture viarie che dovranno collegare meglio Ravenna al resto del territorio, sul quale ci stiamo impegnando molto».
Il 2019 doveva essere l’anno della cultura, invece sarà quello dei grandi cantieri per Ravenna. Porto, palasport, rocca e pialassa: se lo aspettava?
«Abbiamo lavorato molto sul fronte del reperimento delle risorse e siamo stati all’altezza del compito, solo così potevamo sbloccare alcuni progetti, sia vecchi che nuovi. Dobbiamo arrivare preparati anche per la fase esecutiva, non tutti gli iter tecnici sono conclusi».
Sono state di fatto «cancellate» invece le esperienze legate a Ravenna 2019. La città e la nuova giunta sono state un po’ ingenerose. Perché?
«Purtroppo quando non si vince, tutti o quasi, tendono a dimenticare quello che hai fatto. Io non mi iscrivo ai favorevoli o ai contrari, posso dire però che non tutto è stato cancellato. Ad esempio l’inferno di Dante del Teatro delle Albe, una delle migliori esperienze di questi 500 giorni, andato in scena quest’estate, era inserito nel progetto Ravenna 2019».  
Sul turismo vi state «aggrappando» a Cervia o collaborate di più per contrastare lo strapotere di Rimini sulla riviera?
«Con la nascita di Destinazione Romagna è più ragionevole che Ravenna e Cervia cerchino di collaborare dove possono per unire le forze e competere di più anche con Rimini. Inoltre ci sono tante opportunità, dall’organizzazione di eventi al reperimento delle risorse, che insieme si fa molto meglio».
L’Università per Ravenna pare rimanere un tasto debole rispetto ad altre città romagnole o no? Si più ottenere di più anche da Unibo?
«Possiamo e vogliamo fare di più, rispetto a Cesena e Forlì siamo storicamente un piccolo passo indietro. Dobbiamo rafforzare i quattro poli che abbiamo in campo, devono diventare sempre più attrattivi per gli studenti che vengono da fuori, dall’Italia ma anche dall’estero. Stiamo già facendo un grande lavoro su Giurisprudenza, con una specializzazione legata alla navigazione. Poi c’è Ingegneria con il mondo dell’Offshore ed Archeologia, dove siamo fra i migliori. Nel 2018 dovremmo portare a casa più risorse anche per Scienze ambientali».
Infine, a parte le richieste bizzarre di indipendenza della Lega Nord, ha senso parlare di nuovo di Provincia di Romagna? Serviranno certamente più risorse rispetto allo stato attuale o no?
«Il confronto fra i sindaci delle città non è mai fermo. Dalla sanità ai trasporti, dal turismo all’ambiente abbiamo già tante occasioni di collaborazione su scala romagnola. Certo, ci vogliono le risorse adeguate per arrivare alla Provincia unica. Oggi viviamo una situazione per certi versi drammatica con quel che è rimasto delle Provincie. Così è difficile andare avanti e fare soprattutto passi ulteriori».
 
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