Processo Cagnoni, l'imputato: " Il bastone in villa l'ha portato Giulia. Non sono io il mostro che cercate"

Romagna | 24 Marzo 2018 Cronaca nera
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Diciannovesima udienza in Assise del processo che vede Matteo Cagnoni accusato di aver ucciso a bastonate la moglie Giulia Ballestri il 16 settembre 2016. Forse l'udienza più attesa perchè al banco dei testimoni siede l'imputato che, per oltre 7 ore, ha risposto alle domande del pm Cristina D'Aniello e dell'avvocato dei Ballestri, Giovanni Scudellari. Una folla di curiosi era in fila davanti all'ingresso del tribunale gia' qualche minuto prima delle 8 e l'aula, affollatissima, ha ascoltato in silenzio il resoconto dell'imputato del weekend in cui Giulia venne uccisa. Cagnoni, in giacca e camicia chiara, provato in volto, ma a suo agio con il microfono in mano, ha risposto ad ogni domanda senza mai scomporsi, fornendo la sua versione dei fatti e negando di aver ucciso la consorte. "Non avrei mai potuto uccidere la madre dei miei figli, la donna che avevo amato per 10 anni. Non sono io il mostro che cercate". Di seguito, in sintesi, i punti salienti.
L'ultimo incontro con Giulia
Cagnoni sostiene di aver visto la moglie l'ultima volta alle 12,15 del 16 settembre nel parcheggio sotto la loro abitazione in via Giordano Bruno. "Era vicina al suo Chrysler, le ho ribadito che volevo passare il weekend a Firenze dai miei con i bambini e le ho chiesto se volesse venire anche lei, ma mi ha detto che si sarebbe organizzata a Ravenna. Immaginavo avrebbe passato il weekend con l'amante. Quella mattina eravamo stati nella villa dei miei nonni (la villa dell'omicidio in via Padre Genocchi ndr) dalle 9,15 a poco dopo le 11 per fotografare dei quadri poi, usciti, abbiamo parlato un po' in giardino dell'accordo della separazione. Giulia ha ricevuto due chiamate attorno alle 10 cui ha risposto (secondo l'accusa è, invece, scattata la segreteria perchè la vittima era già morta ndr) poi mi ha detto che voleva fare due passi a piedi ai giardini pubblici dunque io ho preso l'auto e me ne sono andato, l'ho guardata dallo specchietto retrovisore allontanarsi e ho capito che il mio matrimonio era finito. Sono stato a casa dove mi sono fatto una doccia, in ambulatorio dove ho preso contanti perchè avevo intenzione di far shopping a Firenze, a casa dove ho fatto preparare la valigia dei bambini alla governante poi, uscendo di casa l'ho vista".
La morte di Giulia
Giulia è stata trovata massacrata nella cantina della villa di via Padre Genocchi di proprietà di Cagnoni. "Non mi spiego perchè Giulia sia tornata lì dopo che eravamo usciti. Posso immaginare avesse scordato qualcosa, forse il cellulare. A fine agosto ci siamo andati andati ed abbiamo trovato due topi morti: uno al piano terra ed uno nella stanza al primo piano che affaccia sul terrazzo. Io li ho lavati con l'acqua distillata (l'acqua della tanica trovata nella cantina ndr) poi li ho messi in un sacchetto per buttarli via. Abbiamo spalancato la porta che da sul terrazzo per fare uscire il cattivo odore e ce la siamo scordata aperta. Penso che l'aggressore di Giulia possa essere entrato da lì: ci sono bande di ladri 'acrobati' che riescono ad entrare dalle finestre anche alte e, strafatti di cocaina, ti ammazzano per pochi soldi e visto che mia moglie era una donna forte, immagino abbia reagito, magari impugnando il bastone e questo può aver scatenato la furia omicida del malintenzionato". Sul fatto che l'omicida possa essere mancino essendo stata trovata un'impronta palmare destra, di appoggio, sul muro che fa ipotizzare che il killer abbia sbattuto il volto di Giulia contro lo spigolo usando la sinistra, Cagnoni ammette di usare oprmai la sinistra solo per scrivere "ho un'artrite prorisiaca che non mi consente di stringere nulla con la sinistra".
Il malore della madre
"Essendo stati da poco a Firenze e temendo che i miei figli potessero avere qualcosa in contrario a tornarci, nonostante fossero sempre felici di vedere i nonni, dissi loro che la nonna aveva avuto un malessere cardiaco dunque che volevo andare a trovarla. Una piccola bugia che non dissi a Giulia che comunque sapeva dei deficit cognitivi di mia madre e che quindi avevo piacere di andarla a trovare appena potevo".
Le chiamate dei parenti
Cagnoni sostiene di non essersi preoccupato per le sorti della consorte, convinto che fosse con l'amante.
"Quando sentìì mia suocera, domenica mattina che mi disse che mio cognato aveva fatto denuncia di scomparsa di Giulia non ero preoccupato, forse, invece, ero perplesso e irritato perchè immaginavo fosse con il suo amante. Nemmeno mia suocera era preoccupata: mi disse, però, che stavano per sfondare la porta di casa mia per cercar Giulia e io dissi loro di farlo. Non rientrai a Ravenna perchè avevo premura di confrontarmi con un avvocato per capire se l'abbandono del tetto coniugale di mia moglie poteva essermi utile in fase di separazione. Domenica pomeriggio, infatti, con mio padre sono stato dall'avvocato Trombini che non è un divorzista, ma lo conosco da anni e lo stimo come professionista e volevo avere un suo parere. Mentre stavamo rientrando a casa sulle 23, mia madre mi ha chiamato e mi ha detto che mi aveva cercato la polizia da Ravenna e che avevano lasciato un numero. Ho richiamato e mi hanno chiesto se potevo andare a Ravenna senza specificare cosa fosse successo e io ho risposto che era tardi e che sarei arrivato il giorno successivo. Non mi sono sembrati allarmati e io non ho chiesto spiegazioni sul perchè mi cercassero: immaginavo fosse per controfirmare la denuncia di scomparsa fatta da mio cognato".
La fuga
Cagnoni fuggì quando la polizia si presentò a casa dei suoi a Firenze, poco dopo la mezzanotte del 19 settembre e ha ribadito in aula, come aveva già sostenuto più volte, di aver avuto un attacco di panico. "Ero in casa con mia madre quando sentii rumori in giardino e vidi 6/7 persone in assetto da sommossa: uno urlava ordini agli altri. Sapevo che in via padre Genocchi c'era la Scientifica così dissi a mia madre: ' è successo qualcosa a Giulia, io le chiavi di quella casa, la polizia pensa sia stato io'. Scappai dalla finestra. In strada mi bloccò una volante e un agente mi diede un calcio in testa che mi provocò una commozione cerebrale, ma io riuscii a fuggire prima sull'argine del fiume poi nei boschi che conosco bene. Arrivai quasi a casa di mia zia a piedi, sarei potuto rimanere lì, ma tornai a casa dei miei all'alba e un agente mi bloccò in giardino dicendo 'se non sei tu l'omicida di tua moglie mi faccio prete'. In quel momento seppi della morte di Giulia". Alla domanda sul perchè, quindi, mandò un messaggio alla segretaria per fare annullare gli appuntamenti del giorno successivo alle 0,43, prima di sapere che Giulia fosse morta, scrivendo "annulla tutti gli appuntamenti, è successa una tragedia" Cagnoni ha spiegato che la "tragedia" era il fatto che Giulia non si trovava da giorni, i bambini erano in ansia, la polizia lo stava cercando. "Di certo non sono così cretino da uccidere mia moglie poi mandare un messaggio simile: penso anzi che quel messaggio sia la prova della mia innocenza".
I cuscini e la borsa bianca di Giulia
La polizia trova nella villa di Firenze due cuscini appartenenti a due poltroncine della villa del massacro ravennate e sporchi del sangue di Giulia. "Li avevo presi l'8 settembre dopo esser stato con Giulia a fotografare altri quadri nella villa dei nonni. Fu lei a notare che erano sporchi e sapendo quanto ci tenesse mia madre mi disse di prenderli per farli lavare. Li avevo in macchina da quel giorno, ma non so come il sangue di Giulia possa esservi finito sopra. Potrebbe aver avuto un rapporto con un altro uomo nella villa di via Padre Genocchi, magari nel periodo del ciclo, ed averli usati come una sorta di materasso appoggiandoli su uno dei letti. Per quanto riguarda  l'oggetto bianco che dai video mi si vede portare dall'auto in casa, non era la borsa di Giulia, ma un cuscino in pile a fisarmonica che usavo da seduta e che era rimasto in macchina dal capodanno. Quel weekend, infatti, ho buttato via un sacco di cose".
Il sangue di Giulia nell'auto di Cagnoni, sui sui jeans e sulla torcia nel bagagliaio
"A luglio ero stato con Giulia a fare la spesa, eravamo a Marina Romea e l'auto era piena di aghi di pino. Lei li tolse con una manata dal tergicristallo sotto il quale c'era un pezzo di vetro triangolare incollato...forse qualcuno mi aveva lasciato un 'regalino'. Lei si ferì all'anulare e sanguinava copiosamente tanto che aprii il portabagagli e la feci sedere mentre cercavo una salviettina per tamponarla. Poi andammo in casa dove tengo sempre un kit suture e chiesi aiuto anche a mio padre che era venuto a trovarci per darle due punti. Verosimilmente mi cadde qualche goccia del suo sangue sui jeans in quell'occasione e ne cadde anche sulle scarpe Timberland di mio padre. Immagino, poi, che la scheggia di pino trovata nella tasca dei miei jeans mi si sia attaccata addosso proprio quando mi sono seduto nel bagagliaio con Giulia. Avevo, infatti, usato la mia auto per trasportare la legna dei pini che avevamo fatto potare da Marina Romea fino al garage di via Giordano Bruno. Non so come il bastone con cui è stata uccisa Giulia sia arrivato nella villa di via Padre Genocchi, ma non escludo che ce l'abbia portato lei come arma di difesa, visto che io non andavo mai solo in quella casa, mentre a lei a volte capitava di andare, quando scattava l'allarme. Il mio dna sul bastone doveva esserci per forza visto che avevo trasportato la legna". E sulle due impronte palmari attribuite a lui e trovate sul muro e sul frigo dello scantinato della villa dove Giulia venne uccisa, Cagnoni ha tagliato corto sostenendo che non siano sue.
La sua "scomparsa" il giorno dopo l'omicidio
La videosorveglianza della villa di Firenze inquadra Cagnoni uscire di casa poco dopo le 10 del 17 settembre 2016 e rientrare attorno alle 19. Secondo l'accusa tornò a Ravenna mentre Cagnoni offre un'altra versione. "Avevo bisogno di stare solo: il momento era molto particolare per me, l'idea di separarmi mi distruggeva e soprattutto non sapevo come dirlo ai miei figli e non immaginavo come l'avrebbero presa. Uscii senza cellulare per non essere disturbato ed andai da Martelli, un grosso centro medico dove mi rifornisco una volta al mese, ma scordai che sabato mattina è chiuso quindi arrivai in auto fino al giardino del Parnaso dove parcheggiai. Poi raggiunsi a piedi il centro intenzionato ad andare in un negozio d'abiti per fare acquisti. Non riuscii ad entrare perchè era un posto nel quale ero stato tante volte con Giulia. Poi presi un gelato e andai a casa di mia zia che ha 90 anni per portarle un cartone d'acqua e del vino. Avrei voluto leggere un testo medico sul suo divano, ma mi addormentai e mi svegliai sulle 18 quando feci ritorno a casa".
La difesa esaminerà il teste lunedì 26 marzo.
 
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