Fioretti, nuovo presidente della Cmc di Ravenna: "Investiamo sul sociale, più forti sul mercato nazionale"

Romagna | 22 Giugno 2017 Economia
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Manuel Poletti - «Più forti in Italia per esserlo ancor di più all’estero. La Cmc vuole rimanere fra le big del settore costruzioni nazionale, è una sfida affascinante e difficile allo stesso tempo. Lo farà da cooperativa col cuore romagnolo, su questo non ci sono dubbi. Il sostegno sul territorio? Ci concentreremo sul sociale, dove ci sono nuove emergenze».
Alfredo Fioretti, 42 anni, è da poco più di un mese il nuovo presidente della grande cooperativa muratori e cementisti di Ravenna, fra le top five del settore costruzioni in Italia.
Presidente, la Cmc sta cambiando volto, l’età media del cda è calata. Quanto è difficile subentrare ad un presidente come Massimo Matteucci?
«E’ un’eredità importante, Matteucci è stato un maestro per tutti noi in questi anni, ci ha lasciato una cooperativa in buone condizioni. Il passaggio di consegne in questi ultimi mesi è avvenuto in un clima positivo, c’è stata un’ottima partecipazione e riscontro da parte dei soci. Certo, è in corso anche un rinnovamento generazionale, com’è naturale che sia anche nelle grandi aziende».
Il mercato dell’edilizia, pure per una big come Cmc rimane molto impegnativo dopo nove anni di crisi pesante. Si avverte la ripresa che c’è in altri settori?
«Il nuovo gruppo dirigente è all’altezza delle sfide che il mercato delle costruzioni ci propone tutti i giorni. Negli ultimi 9 anni c’è stata una contrattura dei progetti e dei fatturati impressionante, purtroppo molte realtà anche regionali non ce l’hanno fatta. E’ passato uno tsunami sul nostro settore, di segnali sensibili di ripresa non se ne scorgono ancora. Noi però abbiamo retto all’urto per una politica aziendale lungimirante che proviene dalle precedenti gestioni e che cercheremo di rinnovare al meglio».
Avete resistito solo grazie al lavoro sui mercati esteri, che vale per Cmc oltre il 67% del fatturato totale? L’Italia non è più strategica per Cmc?
«Noi teniamo molto all’Italia e cercheremo di sfruttare al meglio ogni opportunità che il mercato ci presenterà per lavorare nel nostro Paese. Dobbiamo essere più forti in Italia per esserlo ancor di più all’estero, questa è la nostra linea. Certo, in questi anni non è stato facile aumentare il lavoro in un mercato nazionale in grave crisi. Abbiamo invece consolidato bene la parte internazionale, che oggi vale quasi il 70% del nostro portafoglio lavori».
La Cmc rimarrà una cooperativa? C’è chi dubita sempre di più. La vostra attività finanziaria vi sta allontanando da dove tutto è cominciato o no?
«La Cmc è una cooperativa e rimarrà tale anche in futuro. Deve essere chiaro però che per mantenere i livelli che abbiamo raggiunto, dobbiamo attrarre fonti finanziarie diversificate di entità ingenti, non basta il capitale sociale. Questo non vuol dire disconoscere le proprie radici, ma solo attrezzarsi adeguatamente per le sfide del futuro».
La Cmc non rischia neanche di essere venduta a nessun hedge fund, questo ce lo può confermare?
«Assolutamente, non ci sarà nessuna trattativa di vendita. La Cmc rimarrà con i propri valori cooperativi puri ben saldi, il cuore dell’azienda continuerà ad essere romagnolo».
Un’azienda dal cuore romagnolo che all’estero trova grandi soddisfazioni. Quali sono gli ultimi lavori che vi vedono coinvolti?
«Abbiamo appena concluso in Sudafrica una grande centrale idroelettrica, che per quel territorio ha significato anche tanto altro indotto economico e sociale, come spesso succede nei numerosi cantieri che abbiamo in Africa. In Kenya abbiamo acquisito opere per 500 milioni di euro, un impegno che ci vedrà presenti in quel paese nei prossimi anni. In Svezia invece è partito l’appalto per una grande arteria viaria da circa 300 milioni. In quel paese ci ha stupido l’organizzazione e l’efficienza. Ci hanno messo a nostro agio, c’è un livello di collaborazione con le imprese di servizi del territorio davvero raro».
L’impegno sul territorio della cooperativa si concentrerà molto sul sociale, dopo anni di sponsorizzazioni su sport e cultura. Perché?
«Il nuovo cda ha dato seguito ad un percorso che già da alcuni anni Cmc aveva intrapreso, diminuire gradualmente l’impegno in certi ambiti mantenendo quello sul sociale, dove ci sono nuove necessità che la crisi ha fatto emergere con violenza».
Cesi, Iter, Unieco, Cmr… Tante aziende territoriali del settore edilizio sono state colpite dalla crisi e molte guardavano a Cmc per avere un aiuto. Siete intervenuti in alcuni casi, potevate fare di più o no?
«L’elenco delle realtà colpite in maniera pesante dalla crisi dell’edilizia nella sola nostra regione è purtroppo molto lungo. Per quanto ci riguarda abbiamo seguito da vicino la situazione dell’Iter di Lugo che conoscevamo bene ed, in coordinamento con la Legacoop, abbiamo partecipato ad altri interventi, ma purtroppo spesso hanno solo allungato e non salvato la vita di queste aziende. La crisi è stata troppo profonda e lunga per lasciare scampo a molte realtà. Non mi sento però di colpevolizzare, come molti hanno fatto col senno di poi, i manager cooperativi di quelle aziende. Le condizioni di mercato erano completamente diverse prima del 2008. Criticare dopo è troppo comodo…».
Una priorità da mettere in agenda per il governo Gentiloni, lei cosa chiederebbe?
«Negli ultimi anni i governi italiani si sono mossi nella giusta direzione, cercando di dare una nuova spinta propulsiva all’economia nazionale. A fronte di questo però per una grande azienda come la nostra, e non solo, servirebbe più concretezza, più attuazione di quello che si annuncia o si promette».
Infine come giudica il primo anno della giunta De Pascale? Anche in questo caso si tratta di rinnovamento rispetto al precedente sindaco o no?
«Vedo un grande impegno del nuovo sindaco De Pascale e della sua giunta, questo è un bene per la città. Certo, Ravenna è una città non facile da amministrare, con rilevanti problemi, rimasti irrisolti forse da troppo tempo. Credo però che il nuovo Sindaco possa farcela, ritengo ne abbia le capacità».


 

 
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