Martinelli parla di «Inferno» e delle 600 persone coinvolte, non solo ravennati

Ravenna | 16 Aprile 2017 Cultura
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Elena Nencini
Reduce dal montaggio del film su Aung San Suu Kii a Roma, che non è ancora finito, Marco Martinelli è impegnato insieme a Ermanna Montanari, compagna di vita e di palco, nella realizzazione di Inferno, lo spettacolo che inaugurerà la XXVIII edizione di Ravenna Festival, dal 25 maggio al 2 giugno.
Una chiamata pubblica che coinvolge tutti i cittadini, ma anche chi viene da fuori, con impreviste presenze da Roma e da Bologna. Una chiamata che ha cominciato a raccogliere adepti da dicembre e che pian piano si sta allargando a macchia di olio. Nell’ultimo incontro al Rasi c’erano circa 500 persone, ma come ci racconta Martinelli, sta continuando a crescere. «siamo a quota 600. Abbiamo dei modelli in testa: pensiamo a una sacra rappresentazione medievale, non come quelle che vengono rifatte ultimamente, ma simili al teatro di massa della rivoluzione russa di Majakovskij e Mejerchol’d. C’era un pensiero che urgeva e si tramutava in teatro, un intreccio tra cittadini e teatro. E’ un modello che abbiamo cavalcato nella non scuola e che qui prende la sua forma più limpida. Vieni assalito dai corpi, dai volti, dai molti, che danno un senso al teatro».
A quando risale l’amore per Dante e la Divina Commedia?
«Ce lo portiamo dietro dagli anni del liceo, è un autore con cui abbiamo fatto i conti in tutta la nostra vita e avventura teatrale. Il momento è arrivato. Ed è arrivato nel modo giusto. E’ un’opera smisurata e stiamo provando a rispondere in maniera smisurata all’appello che ci fanno quei versi, quel poema sacro. La smisuratezza è uscire dal teatro: da una parte usare la città come palcoscenico urbano e dall’altro la chiamata ai cittadini e il non mettere limiti a chi verrà».
Come saranno distribuiti i ruoli? 
«Ognuno farà il suo viaggio all’interno di questa commedia. Una signora il primo giorno mi ha detto ‘Io voglio fare Beatrice’. Le ho spiegato che la chiave corale è la chiave di accesso principale allo spettacolo. Ci sarà anche spazio per le singole figure, ma lo vedremo strada facendo. Sarà esaltata tutta la gamma del femminile, dagli 8 ai 90 anni».
Qual sarà il punto di partenza dello spettacolo?
«La tomba di Dante, vicino a quelle ossa. Da li si comincerà col primo canto e si arriverà al teatro Rasi dove sarà l’inferno. Lo spettatore è il personaggio Dante che farà l’attraversamento del mondo inferno. Un poeta russo dice che la Commedia è il poema del cammino. Non starà fermo seduto il nostro spettatore, ma si muoverà per incontrare le varie figure». 
La chiamata alle energie creative della città è un progetto che perseguite da tempo.

Una delle partecipanti, Ivana Franchini
E’ entusiasta Ivana Franchini di partecipare a «Inferno» e alla chiamata pubblica che Ravenna Teatro ha fatto: «ho 62 anni e a teatro ci vado da quando ne avevo 17. Sono una spettatrice ‘a pelle’: lo spettacolo mi deve prendere dentro. Per questo partecipare a questo progetto è affascinante, ci sentiamo tutti molto partecipi. Il mago Martinelli ci ha catturato con la sua magia e le sue parole. A mio avviso siamo molto motivati. Siamo più preoccupati noi di Ermanna e Marco per il fatto che siamo tanti e difficili da gestire». La gran parte del tempo libero di Ivana, che fa anche il clown di corsia in ospedale, in questo momento è rivolta a questo progetto: «adesso sto dando una mano anche per la parte burocratica, per l’organizzazione. Seguo da tempo e con interesse le vicende  di Ravenna Teatro e vedere il lavoro fatto con la Non scuola, la presenza di tanti ragazzi, merita un grande applauso». Il lavoro di “Inferno” è un working in progress, ma Ivana ha già scelto il proprio ruolo: «siamo 11 cori, io ho scelto quello degli avari e degli scialacquatori, abbiamo fatto una prova, con due dannati che litigano, usiamo una forma dialettale e visto che parlo bene in dialetto, io inveisco in romagnolo e l’altro mi risponde in barese. E’ un coro di improvvisazione. Alcuni dei partecipanti ormai lo sentono come proprio, tanto che non vorrebbero stare, per esempio nel coro dei cittadini, perchè dicono “voglio esserci dentro in questo lavoro. Voglio viverlo dall’interno”».
«Da sempre. Da quando è nata Ravenna Teatro il nostro pensiero era questo, di non pensare al pubblico, ma ai cittadini, al teatro come esercizio di cittadinanza, una sorta di palestra culturale, un luogo in cui contemplare, ma in cui anche sperimentare se stessi. Sono 25 anni che lo facciamo, ogni volta in modo diverso. Questa Divina Commedia corona un percorso di lustri».
Che sensazione ha avuto nell’incontrare coloro che hanno risposto alla chiamata?
«Di grande entusiasmo, davvero commovente: ci sono cori  in cui ci sarà da fare del lavoro fisico, altri  solo una scansione dei versi: in base a questo e alla propria disponibilità di tempo si sceglierà in quale coro stare. Alcuni prevedono solo un incontro a settimana, altri anche due o tre incontri. Ci sono persone che arrivano da tutta la Romagna, da Bologna. Alcuni amici di Roma mi hanno chiesto se possono venire due fine settimana a provare per poi partecipare. La prossima chiamata sarà dopo Pasqua».
www.ravennateatro.com
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