Dal teatro alla traduzione, Chiara Lagani e il suo libro Einaudi

Ravenna | 18 Dicembre 2017 Cultura
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Elena Nencini
Anima dei Fanny & Alexander, insieme a Luigi De Angelis, Chiara Lagani ha sperimentato in nuovi territori con la pubblicazione, a novembre per Einaudi, de Il Libro di Oz, curando traduzione e collegamenti dei 14 libri scritti da Lyman Frank Baum dopo Il meraviglioso Mago di Oz.  In collaborazione con lei, Mara Cerri ha realizzato una serie di disegni che accompagnano le storie di Dorothy. Con Fanny & Alexander, Lagani ha lavorato a lungo sul Mago di Oz, dopo lo spettacolo Him, ha realizzato anche una serie di laboratori teatrali per bambini.
Chiara, quando hai incontrato Il Mago di Oz?
«Da bambina, avevo l’età di Dorothy quando i miei genitori mi hanno regalato ‘Alice’ e ‘Il Mago di Oz’. E’ stato amore. Continuavo a leggerli e rileggerli, come fanno i bambini che sono ripetitivi».
Hai tradotto e antologizzato i 13 romanzi di Baum. Come si è svolto il tuo lavoro esattamente?
«L’idea era quella di far stare i 14 libri che in Italia non erano mai stati tradotti in un unico volume. Abbiamo fatto una selezione di parti, l’intenzione non era enciclopedica. A collegare le varie selezioni ci sono testi scritti da me per dare un ritmo  coeso al testo. Ho pensato con la mente di un bambino. Volevo accompagnare la lettura dei più giovani con quella febbrile eccitazione che ti dà quel tipo di romanzo, un unico sentiero di mattoni gialli come per Dorothy. Il mio modello altissimo è stato Calvino, che racconta l’Orlando furioso in modo incredibile, le sue cornici sono meravigliose, non sono racconti aridi. E’ stato sul comodino per tutto l’anno».
Passare dal teatro al testo scritto cosa ti ha dato di più e di meno?
«Questo volume nasce proprio da Him, e ha innescato una serie di riflessioni su cui sto lavorando. É stata un’esperienza nuova e onestamente non pensavo di trovare un tale amore dopo il teatro. D’altra parte, sono sempre stata una traduttrice: un drammaturgo mette le parole dentro i corpi, è un lavoro simile. La traduzione è uno sguardo esterno che si innesta nell’opera originale. Ho avuto per un anno la sensazione di avere la voce di Baum in testa. La traduzione richiede una penetrazione da palombaro, è una bella responsabilità. Sono io a decidere timbro, grana, colore delle parole e questo mi ha dato un senso di responsabilità molto forte nei confronti dei lettori; ha reso il lavoro più eccitante. Ero come una narratrice che deve far arrivare quella voce nel modo più esatto possibile».
Hai un personaggio preferito?
«Ce ne sono tanti, e ogni volta rispondo in modo diverso a questa domanda: mi piace Scarasaggio, una parodia dell’accademico, un insetto coltissimo che a causa di un errore rimane extralarge. Un insetto dalla cultura e dalle dimensioni extralarge, arguto ed erudito».
Cosa ha colto Mara Cerri nei suoi disegni?
«Ho pensato che Mara avesse illustrato Oz ancor prima di illustrarlo, la sua poetica affronta il tema della nostalgia, con una relazione erudita e ustionante, e approfondisce il tema del mistero. I suoi disegni sono sempre indicatori delle parole, spiegano quei particolari che i testi non sono in grado di affrontare. Non lo ha illustrato didascalicamente: i suoi disegni ne evidenziano ancor di più il mistero. É stato un lavoro condiviso in tutto e per tutto. Il colore l’ho trovato attraverso i suoi occhi».
C’è un libro in particolare che ti piacerebbe poter tradurre?
«Mi piacerebbe continuare a tradurre, mi aiuta a ragionare sul linguaggio. Sceglierei un altro classico della letteratura per ragazzi. L’infanzia è un luogo misterioso, pieno di sorprese».
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