Economia circolare, parla la ricercatrice Chiara Berti (FuturDem): «Vediamo i rifiuti come risorsa per un futuro più sostenibile»
I romagnoli l’hanno nel sangue: «Del maiale non si butta via niente», recita il vecchio adagio che pesca nella tradizione. Tradotto in termini dotti, potrebbe essere lo slogan del concetto di «economia circolare», un insieme di moderne buone pratiche che potrebbero guidare le aziende e contribuire allo sviluppo della comunità. «Ma occorre superare pregiudizi, puntare sulla formazione e su imprenditori lungimiranti», sottolinea la castellana Chiara Berti, ricercatrice in management all’Università di Bologna e alla scuola superiore Sant’Anna di Pisa, e coordinatrice regionale dei FutureDem. Di economia circolare si è parlato a Faenza, a fine 2016, nel convegno organizzato dall’associazione nata tra le fila del Pd che ha visto, tra i partecipanti, molti volti noti dell’imprenditoria locale e il ministro per l’Ambiente, Gian Luca Galletti.
Il tema dell’economia circolare è complesso e conosce mille declinazioni. Da dove si parte?
«Partiamo da alcuni concetti base. I rifiuti, fino ad oggi considerati materiali di scarto e fonte di inquinamento, dobbiamo cercare di inquadrarli in nuovi procedimenti produttivi. Pensiamo all’agricoltore che deve dismettere un campo coltivato e scartare le vecchie piante, le strutture di sostegno i vecchi impianti di irrigazione. La tradizione romagnola vuole che in questo periodo vengano accesi i fuochi nelle campagne per bruciare le ramaglie, ma la legge lo proibisce. Ma, al di là dei divieti della normativa, si tratta di materiali che potrebbero essere reimpiegati. Le energie che possono alimentare l’economia circolare, escludendo le fonti fossili, devono essere quelle pulite e rinnovabili, compatibili con l’ambiente e con lo sviluppo economico. Poi c’è lo spreco alimentare. Pensiamo a tutte le attività commerciali, ad esempio ai forni: possono donare l’invenduto, ma il sistema ha ben altre potenzialità. O pensiamo alle scuole: il menù delle mense è sempre seguito con grande attenzione dalla Regione, ma a volte i bambini, magari abituati a consumare merendine, non toccano nemmeno alcune pietanze. Poi pensiamo alle materie prime, che possono diventare materie prime ‘secondarie’, materiali che possono essere riutilizzati con buonsenso: riciclare deve, prima di tutto, essere conveniente».
Vi sono esempi di economia circolare nel nostro territorio?
«Sì e al convegno ne abbiamo analizzati tre. Vi è la Curti di Castel Bolognese che recupera le gomme dei camion: tramite un procedimento di pirolisi, il materiale viene riutilizzato per realizzare guarnizioni e altri componenti. Un procedimento messo a punto grazie alla collaborazione con l’Università di Bologna. Senza dimenticare il gassificatore che parte dai cippati per arrivare alla produzione di energia elettrica. Poi c’è Caviro a Faenza, che dal sottoprodotto dell’uva produce energia elettrica, reimpiegata in gran parte nei loro processi produttivi, e compost per fertilizzare i campi. Poi c’è il Consorzio Astra, nato per il ritiro, il trasporto e la gestione dei rifiuti. Oggi, nell’arco di 70 chilometri, smaltiscono gratuitamente i materiali agricoli che risultano da un frutteto dismesso, dai traversini di cemento alla legna. Oggi recuperano i costi trattando il materiale per rimettere in commercio i materiali, a partire dalla legna, e si stanno preparando per riutilizzare alcuni materiali e rigenerarli dando vita a nuovi prodotti».
Quali sono gli strumenti per promuovere l’economia circolare sul nostro territorio?
«Difficile pensare a leggi o regolamenti: risulterebbero delle ‘imposizioni dall’alto’. E non credo alle politiche dei contributi, che ‘drogano’ l’economia. Bisogna semplicemente superare il pregiudizio secondo il quale la qualità e il rispetto dell’ambiente costano. Pensiamo all’agricoltore, magari non più giovane, che continua a fare quel che sempre ha fatto per paura di spendere qualcosa in più come nel caso, menzionato sopra, dello smaltimento delle sterpaglie. Stessa cosa potremmo dire per lo smaltimento dell’eternit: gesti che hanno costi ben più elevati per la comunità. Si tratta di un settore, quello ambientale, che vede due fronti contrapposti: da una parte gli integralisti, dall’altra quelli che si disinteressano completamente. Per superare questi pregiudizi occorrono formazione e imprenditori lungimiranti che puntino sulle nuove professionalità: l’economia circolare può creare dei ‘veri’ posti di lavoro».
Samuele Staffa
Chiara Berti e i FuturDem
Chiara Berti è ricercatrice nel campo del management economico all’Università di Bologna e alla scuola superiore Sant’Anna di Pisa. E’ consigliere comunale nella sua città (capogruppo Democratici per Castello) e responsabile regionale di FuturDem.
FuturDem è l’associazione di cultura politica nata da giovani nel 2012 in seno al Partito democratico. Fino ad oggi il diritto di voto all’interno è riservato agli under 35, «ma visto l’interessamento dimostrato da molti imprenditori e professionisti, lo testimonia il successo dell’iniziativa organizzata a Faenza alcune settimane fa, rivedremo questi limiti di età - spiega Chiara Berti -. L’associazione è distribuita in tutta Italia e conta su un’organizzazione molto semplice e orizzontale (un direttivo nazionale e un coordinatore in ogni regione) che favorisce la partecipazione e l’elaborazione di proposte». (s.sta.)