Violenza sulle donne in crescita a Ravenna, Faenza e Lugo, Linea Rosa, Sos Donna e Demetra in campo

Romagna | 25 Novembre 2017 Cronaca
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Barbara Gnisci, Silvia Manzani - Sono 281 le donne che nel 2016 hanno bussato per la prima volta alla porta di Linea Rosa, a Ravenna. L’anno prima erano state due in meno. A Lugo, Demetra ha accolto dal primo gennaio al 31 ottobre di quest’anno 88 donne. In tutto il 2016 erano state 95. Un anno prima se ne erano contate 110. Sos Donna Faenza, dopo una flessione tra il 2015 e il 2016, da gennaio a novembre di quest’anno ha seguito 183 casi, che superano di gran lunga i 163 totali dello scorso anno. Nel 70-90% dei casi si tratta di donne che hanno subito violenza: in testa quella psicologica, seguita da quella fisica, quella economica e – infine - quella sessuale. Il Centro antiviolenza di Ravenna, lo scorso anno, ha anche ospitato sedici donne in luoghi protetti (come le case a indirizzo segreto), per un totale di 14 bambini o ragazzi. Cinque, con due minori, quelle che hanno trovato accoglienza negli alloggi di emergenza di Faenza. Nove, con 17 minori, quelle ospitate a Lugo. Le italiane continuano a essere la fetta più consistente, almeno a Ravenna e Faenza: 236 sul 383 (cifra che comprende anche le donne già in percorso, oltre ai nuovi accessi) nel primo caso, 98 sul 163 nel secondo. A Lugo, le straniere sono il 38,9%.
 
LINEA ROSA RAVENNA
«Da almeno quattro anni – spiega Alessandra Bagnara, presidente di Linea Rosa – assistiamo a numeri molto alti. Un fenomeno di cui ci rendiamo conto nella quotidianità, tra le ore di apertura del Centro, il lavoro nelle case rifugio, la gestione dello sportello lavoro. Senza contare che ogni donna ha la sua storia, le sue pratiche da sbrigare, i colloqui da fare, le sue necessità pratiche e psicologiche. Ecco perché le cifre che escono alla fine dell’anno, per noi, sono centuplicate». Tra le tante difficoltà incontrate, spicca senz’atro quella del lavoro: «Non avere un’occupazione significa restare più a lungo nelle strutture e nelle case rifugio. Averlo, dall’altro lato, significa non sapere come gestire i figli. Non dimentichiamo che si tratta di donne spesso sole, senza rete familiare – quella del maltrattante in primis – a volte costrette a spostarsi dai propri territori. Insomma, sono messa a dura prova nei percorsi di uscita dalla violenza». Senza contare il discorso dei diritti: «Appena ne viene acquisito uno, un altro viene perso. Basta pensare al reato di stalking, che si estingue pagando un risarcimento. Ecco, sulla violenza si spendono molte parole. Ma nel concreto, l’attenzione non è alta come dovrebbe».
 
SOS DONNA FAENZA
Preoccupata anche Antonella Oriani, presidente di Sos Donna Faenza: «Oltre i numeri, che sono altissimi, registriamo casi sempre più complessi, che richiedono diversi livello di intervento. Il problema più grande resta quello del lavoro. Per affrancarsi dai maltrattanti, le donne hanno bisogno di un’indipendenza finanziaria che spesso non hanno. Anche l’autonomia abitativa, di conseguenza, resta una difficoltà centrale. Presto apriremo un’ulteriore casa rifugio. Intanto, l’orientamento e l’accompagnamento al lavoro rimangono una parte importantissima del nostro lavoro».
 
 
 
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