Claudio Casadio, in scena a Lugo con Pamela Villoresi, racconta i nuovi progetti di Accademia Perduta

Bassa Romagna | 02 Marzo 2018 Cultura
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Elena Nencini
E’ un ritorno quello a Lugo dell’attore Claudio Casadio, patron insieme a Ruggero Sintoni di Accademia Perduta/Romagna Teatri: infatti sabato 3 alle 21 (replica domenica 4 alle 21) arriva al Teatro Rossini lo spettacolo Il mondo non mi deve nulla di Massimo Carlotto, che lo vedrà sul palco insieme a Pamela Villoresi. L’occasione per parlare di questo testo e dei nuovi progetti di Accademia Perduta.
A che replica siete arrivati?
«In tutto arriveremo a 150 circa, questa sarà la 125esima. E’ il terzo anno che lo riprendiamo dopo una pausa di un anno. Sono molto contento di tornare in Romagna, perché da ragazzino è stato il luogo del mio battesimo teatrale. Il testo è molto bello, è stato scritto da Carlotto pensando a me: sono un operaio che comincia a rubare. Adelmo ha tutti i caratteri del romagnolo la rabbia, il disincanto, la poesia. È un personaggio che mi piace molto».
E’ un testo molto moderno con tutti i problemi di lavoro e di crisi che ci sono al giorno d’oggi.
«È stato pensato da Carlotto quattro anni fa e più lo facciamo e più diventa attuale. Il testo ha delle verità sulle disperazioni, sui fallimenti di una vita. Si parla di banche che mandano all’aria le nostre vite. È un testo contemporaneo. Il mio personaggio è arrabbiato, deluso: quando a 50 anni ti trovi senza lavoro è umiliante. I due personaggi, quello mio e quello di Pamela, scelgono però due strade diverse di fronte al fallimento: il mio dice che si può ricominciare, che la vita va giocata fino alla fine e penso che è così che bisogna fare. La vita va vissuta fino all’ultimo giorno con entusiasmo. Recito con la cadenza romagnola e questo fa ridere, nonostante il contenuto sia importante. Un’operazione ben riuscita. Mi piacerebbe trovare un altro testo cosi».
Da dove nasce Accademia Perduta?
«Proprio a Lugo, quando ho cominciato a lavorare, negli anni ‘80, con Ruggero (Sintoni, nda), al teatro San Rocco, tantissimi anni fa, insieme al lughese Antonio Taglioni, regista dei nostri primi spettacoli. Eravamo giovanissimi, abbiamo fondato una compagnia che ancora oggi va avanti ed è pronta a svilupparsi. Abbiamo le idee molto chiare per i prossimi anni, stiamo puntando sempre più sul fatto che Accademia Perduta sia un teatro di produzione. Abbiamo adesso tre nuove produzioni: una mia, una con Davide Enia su Lampedusa e il Misantropo, con la regia di un giovane leccese Tonio De Nitto».
Come si chiamerà il suo prossimo spettacolo?
«La classe di Vincenzo Manna per la regia di Giuseppe Marini: in scena con me ci sono tanti ragazzi giovani, sotto i 30 anni. Mi piace lavorare con i giovani e accompagnarli in giro per l’Italia. Accademia perduta ha trovato radici nella Romagna, ma dalla Romagna parte verso il mondo».
Ha abbandonato il repertorio di teatro per ragazzi?
«Sono tre o quattro anni che lavoro anche per gli adulti, è una giusta crescita attoriale, ma continuo a rappresentare Pollicino – che ha toccato le 1200 repliche - in tutta Europa. Ho in mente di fare una cosa nuova, ho la testa sempre piena di progetti, ma ci vuole il tempo per farli diventare raltà. Per me il teatro per ragazzi non è mai stato teatro di serie B, ma è in realtà un teatro importante. Il pubblico è valido dai 10 ai 70 anni. Per l’esperienza che ho raggiunto mi è venuta voglia di confrontarmi anche con testi più difficili, se non si cresce si diventa obsoleti. Sono quasi 40 anni che sto sul palco».
Di Enia avete già prodotto uno spettacolo?
«Si, 6 o 7 anni fa. Abisso sarà coprodotto insieme al Teatro di Roma e al  Teatro Biondo di Palermo. E’ un nuovo testo, tutto ambientato su Lampedusa e gli immigrati, sul palco ci sarà Enia insieme a un musicista. Debutterà a novembre, anche se è già stato presentato al Teatro Argentina di Roma con bellissime recensioni. Ci piace essere un punto di riferimento per artisti giovani. Tanto che fra due anni lavoreremo nuovamente con  Alessandro Serra – vincitore del Premio Ubu 2017 con Macbettu -  per il Giardino dei ciliegi, centro di produzione romagnola. Bisognerà creare ricambio generazionale».
Ha in mente altre ‘escursioni’ nel mondo del cinema?
«Non me ne voglio occupare in questa fase, ci sono troppi soldi, i rapporti umani possono saltare in 5 minuti. Purtroppo nel mondo del cinema i soldi sono al primo posto e cuore e anima in questo ambiente possono cambiare rapidamente. Il teatro è la casa dove voglio stare e dove ciò che crei è molto più vero».
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