Massimo Gottifredi (Legacoop Turismo): «Deve esserci più sinergia con la cultura»

12 Settembre 2015 Blog Settesere
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Un romagnolo ai vertici di Legacoop Turismo. Massimo Gottifredi, 54 anni, funzionario di Legacoop Romagna e già direttore di Legacoop Rimini, è stato proposto dal presidente nazionale Mauro Lusetti per guidare il settore in sostituzione di Maurizio Davolio, che rimane presidente di Aitr, l’Associazione italiana del turismo responsabile.
Il momento è quello di una delicata transizione verso un coordinamento più ampio con le aree media e cultura. In dote il dirigente riminese porta un’esperienza consolidata nel marketing territoriale e nella promozione turistica che l’ha proiettato al vertice di istituzioni pubbliche e private.
«Insieme a Roberto Calari vogliamo mettere in sinergia la parte culturale, di cui è così ricco il nostro Paese, con quella turistica», dice Gottifredi. Non un compito semplice. «In altri Paesi sono più bravi. Hanno magari un solo bene culturale da valorizzare, ma attorno ad esso sanno costruire una parte turistica di livello: l’accoglienza in albergo, la facilità del viaggio, i pacchetti di cose da fare, il cibo e il relax».
Insomma, se è vero che la cultura è il petrolio d’Italia, come recita la vulgata ora anche politica, occorre sapere come estrarre questo carburante e farlo fruttare. In Emilia-Romagna, patria italiana del turismo di massa, lo si è fatto per quasi 20 anni, con un’impostazione che sta per essere rivoluzionata. La legge 7 del 1998 (firmata da Vasco Errani un anno prima di diventare governatore) sta per andare in pensione. Per i sostenitori ha fatto collaborare strettamente pubblico e privato suddividendo l’offerta in «prodotti».
Per i critici ha irrigidito l’offerta distribuendo finanziamenti a pioggia per proposte prive di personalità e ripetute all’infinito, mentre oggi il turista cerca esperienze «uniche». Ovvio che uno dei primi ambiti da presidiare per Gottifredi sia il percorso che porterà alla riforma. «L’assessore regionale Corsini vuole portarla a casa entro il 2016. Quell’organizzazione turistica che è stata vincente, oggi comincia a mostrare i segni del tempo», dice. L’impostazione che ora sembra prevalente è quella di una suddivisione territoriale in quattro bacini: Romagna, Bologna e le due «Emilie». «All’interno di ogni zona l’offerta dovrebbe essere ancora organizzata per prodotti omogenei, ma con una caratterizzazione territoriale molto più forte».
E’ la volta che vedremo finalmente integrate riviera ed entroterra?
«Già chiamarlo entroterra è riduttivo, significa definire un’area che ha alte potenzialità solo in relazione a qualcos’altro. Possiamo dircelo: la speranza di richiamare i turisti delle spiagge verso l’interno ha prodotto poco più che qualche passaggio ‘mordi e fuggi’. In realtà io credo che le nostre vallate siano un’attrazione turistica a sé, in grado di calamitare l’attenzione di un pubblico diverso, a cui non interessa nulla della vacanza sotto l’ombrellone e anzi probabilmente la detesta. Se non ci crediamo il rischio è che la promozione si concentri sull’area più forte, lasciando tutto il resto come accessorio. Mentre altre aree d’Italia già vocate stanno investendo molto in quella direzione».
E’ vero. L’enogastronomia, il benessere, l’identità, la possibilità di soggiornare in territori che esprimono un’alta qualità della vita sono tutti elementi su cui stanno puntando altre regioni, come la Toscana, che si è presentata all’Expo di Milano sotto questa veste. Ma non dimentichiamo gli spot delle Marche con Dustin Hoffman e gli ospiti milionari come Roberto Benigni al ‘Festival della Felicità’ di Pesaro di qualche anno fa. «La cooperazione in questo ambito può dire molto: abbiamo già la straordinaria esperienza del turismo responsabile come punto di partenza che ci vede molto forti. Da lì possiamo partire per creare vera innovazione».

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