Imprenditori U40, Alberto Zannoni (Elevel): «Serve una mentalità un po’ più americana»

Ravenna | 20 Luglio 2015 Blog Settesere
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«Ai giovani servirebbe un po’ di mentalità americana in più: buttarsi in un’avventura imprenditoriale quando si ha una buona idea. I giovani portano una maggiore attenzione alle nuove tecnologie, una flessibilità positiva, ma anche grande rigore». E’ questo, in sintesi, il pensiero di Alberto Zannoni, 39 anni (ne fa 40 domenica 19 luglio), sposato, un bambino di 5 anni e una bambina di 2, laureato col massimo dei voti in Fisica teorica all’Università di Bologna nel 1999, due anni di ricerca al Nist (National Institute of Standards and Technology) in collaborazione con l’Università del Maryland e fondatore nel 2001 della Elevel di Ravenna, azienda che lavora nel settore dell’Information & communication technology (siti internet, software, servizi mobile web e applicazioni, strategie di comunicazione sul web, e-commerce e corsi di informatica, gestionali mail e sms).
Sembra un bel salto dalla fisica teorica al web.
«Erano gli anni del boom di internet e io, semplificando, ero un programmatore scientifico: passare alla programmazione sul web non è stato difficile».
Che cosa l’ha aiutata?
«Negli anni in cui ero negli Stati Uniti, il mondo del web era tutto più avanti, con approcci commerciali molto più evoluti di quelli italiani».
Che cosa l’ha spinta al cambio?
«Volevo tornare a casa e allo stesso tempo non avevo voglia di fare il nomade per l’Europa, visto che in Italia di occasioni di ricerca in fisica teorica non ce ne sono granché. Ne parlai col professore che mi seguiva negli Usa. Era soddisfatto del mio lavoro e mi hanno congelato il posto per un anno. E’ stata una scelta difficile, nel mio ambito di ricerca era il top: c’erano tre premi Nobel».
Un attestato di stima importante.
«Sono partito sicuro e con le spalle un po’ coperte, se vogliamo. Inoltre dal punto di vista umano è stata un’esperienza molto forte».
Il passo dalla ricerca ad aprire un’impresa è stato impegnativo?
«In un paio d’anni ho assorbito molto della mentalità imprenditoriale meritocratica americana, quindi è stata una scelta naturale. Sono partito con un primo cliente per il quale ho fatto un sito web e per diversi anni è stata quella l’attività principale. Era una ditta individuale nella quale ho imparato tutta la gestione di un’impresa. Dopo dieci anni, nel 2011, l’ho trasformata in una srl unipersonale e oggi lavorano con me una dipendente e una decina di collaboratori».
Come si è sviluppata negli anni Elevel?
«Subito dopo l’inizio con la creazione di siti internet, abbiamo sviluppato software su piattaforma web quando ancora dominava il cd nel 2002/2003. Negli anni recenti abbiamo aggiunto altri servizi come la comunicazione e grafica tradizionale, le mobile app e la formazione dal 2014. Abbiamo sviluppato un ramo sportivo lavorando per molti clienti importanti e lanciando un software per la gestione di centri sportivi, squadre, ecc. Inoltre forniamo un servizio di mail ed sms markerting (Mailmaster e Smsmaster)».
Per il futuro quali nuovi progetti state sviluppando?
«Un interessante progetto in essere che inizierà da settembre/ottobre è Eswt (acronimo di European school of web technology): una scuola europea di web technology a Ravenna. Ci aspettiamo molto per il futuro».
Che apporto possono dare i giovani in un’impresa?
«Sicuramente una maggiore attenzione alle nuove tecnologie, ma anche rapporti di flessibilità non vista come una formula per ‘fregare’ le persone, ma un rapporto umano e professionale non rigido in entrambe le direzioni. Tra le tante cose, i giovani oggi hanno anche un certo rigore, specie nei pagamenti».
Quale valore aggiunto può dare un’associazione di giovani imprenditori?
«Offre un momento importante di incontro per avere uno scambio di idee e/o cercare soluzioni a problemi specifici. Inoltre come giovani di Confartigianato abbiamo organizzato un progetto nelle scuole per raccontare la figura dell’artigiano moderno che è in vari casi molto diverso dal passato: non c’è più solo il vasaio di Ghost. Ha avuto un buon riscontro e si sta pensando di utilizzarlo come progetto campione a livello nazionale. Inoltre entrare in un’associazione è un modo per far sentire la propria voce e ogni tanto si potrebbe fare di più a livello sindacale. Ad esempio, sulla tematica del pagamento dell’Iva: è assurdo che si debba versare allo Stato senza incassare, le associazioni dovrebbero fare sentire maggiormente la propria voce».

Christian Fossi
economia@settesere.it
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