Se i cittadini non votano più per i Comuni
La crepa dell’astensionismo, che divide politica e opinione pubblica, eletti ed elettori, anche in Emilia Romagna, assomiglia sempre più ad un canyon invece che ad una fessura.
Le elezioni del 31 maggio lanciano alcuni segnali che i partiti (tutti) non dovrebbero sottovalutare.
Il primo, l’astensionismo record. Alle Regionali ha votato solo un elettore su due, un po’ meglio le Comunali, ma non di molto. E se in una città come Faenza, dove certo non mancava offerta politica, con 9 candidati sindaco e 13 liste, molte di estrazione civica, l’affluenza è stata appena del 59% (-17% rispetto al 76% del 2010), significa che i cittadini per la loro vita quotidiana, non ritengono più importante chi governa il Comune, l’istituzione più vicina a loro. Il dato è di una gravità assoluta e di difficile soluzione. Certo i partiti sono cambiati e spesso sui territori vengono percepiti meno, ma non per questo sono meno importanti, anzi. C’è un’evidente problema di classe dirigente. Non bastano infatti i leader nazionali molto mediatici per risolvere problemi territoriali. E se a Faenza al ballottaggio col sindaco uscente Malpezzi arriva un candidato, Gabriele Padovani della Lega Nord, che nella scorsa legislatura aveva raggiunto il record di assenze in consiglio, il sintomo è grave.
Il secondo allarme riguarda il Pd. Nonostante la spinta riformista del governo Renzi, spesso, anche per responsabilità del premier, emergono divisioni laceranti interne al partito. Certo il doppio ruolo che si è cucito addosso Renzi in questa fase non lo aiuta. Più presidente del consiglio che segretario del Pd, come giusto che sia, ma oggi è necessario, prima che sia davvero troppo tardi, mettere mano al partito, perché diventi punto di riferimento anche nella società (e non solo numericamente nei rami del Parlamento per votare leggi e decreti) di un cambiamento che il paese ha assoluto bisogno. E per fare questo serviranno un’organizzazione nuova e nomi diversi alla guida dei democratici.
Solo così si potrà arrestare la crescita di due forze anti euro e radicali come la Lega Nord di stampo «lepenista» guidata da Matteo Salvini e il Movimento 5 Stelle sempre più autonomo dalle istrioniche uscite del comico Beppe Grillo. Sia a livello nazionale che a livello locale (leggi Faenza) queste sono le forze che oggi raccolgono il maggior consenso popolare insieme al Pd. La scomparsa di Forza Italia in Romagna ormai è un dato assodato, mentre le liste civiche non riescono a raccogliere neanche il malcontento di molti elettori che hanno preferito non andare a votare.
Così per la prima volta anche la città di Faenza conoscerà il ballottaggio (domenica 14 giugno) per scegliere il nuovo sindaco. La delusione in casa Pd per il risultato sotto le attese di Giovanni Malpezzi (45%, oltre 6mila preferenze in meno rispetto al 2010) dovrà lasciare spazio a nuova energia per uno sprint finale che recuperi alcune migliaia di voti e definire con più chiarezza le priorità per la città del futuro. Certo, un’apertura a sinistra alla lista «L’Altra Faenza» è la strada più sicura per vincere al secondo turno. Dall’altra parte prevedibile un altro show in Romagna del segretario nazionale della Lega Salvini a favore di Padovani, appoggiato al secondo turno anche da molte delle liste civiche minori.
I risultati del 31 maggio devono suonare come allerta anche a Ravenna, Rimini e Bologna, grandi città della nostra regione governate dal centrosinistra dove si voterà per le Amministrative nel 2016. Coinvolgere la società, non solo nella stesura dei programmi, ma anche nella scelta dei candidati, può rappresentare una road map importante con un anno di tempo da utilizzare al meglio. (Manuel Poletti - direttore@settesere.it)