Imprenditori U40, Stefano Francia: «In agricoltura i giovani portano innovazione»

Ravenna | 06 Giugno 2015 Blog Settesere
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«L’apporto dei giovani imprenditori può dare freschezza alle aziende con nuove idee commerciali, scelta delle colture e utilizzo delle tecnologie che permette un minore utilizzo delle risorse e un maggiore rispetto dell’ambiente. L’integrazione con i senior può essere l’arma vincente per i nostri campi». Stefano Francia, 26 anni, ravennate di Ducenta, coordinatore romagnolo di Agia (Associazione giovani imprenditori agricoli della Confederazione italiana agricoltori) e vicepresidente provinciale della Cia, è chiaro nel vedere come strategico il ruolo dei giovani per il futuro dell’agricoltura.
Quando ha deciso di intraprendere la strada dell’imprenditore agricolo?
«Ho iniziato a 18 anni nell’impresa di famiglia. Da allora abbiamo acquisito nuove aree che abbiamo dedicato alla frutticoltura e alla coltura da seme. Per fortuna, nel momento in cui ho deciso di intraprendere questa strada, mio padre ha deciso di darmi fiducia e agire per portare avanti le idee che nascevano assieme. In otto anni siamo passati da 6 a 35 ettari, ma siamo ancora un’azienda a conduzione familiare con l’innesto di qualche stagionale».
Ha sempre avuto l’idea di fare l’imprenditore?
«Sì, il mondo dei campi è una passione che ho sempre avuto da che ricordi insieme alla meccanica. Ho iniziato l’istituto tecnico meccanico, poi ho deciso di portare avanti l’impresa di famiglia».
Qual è stato il suo apporto in azienda?
«Abbiamo aumentato l’applicazione della tecnologia, meccanizzando e innovando ciò che si poteva».
Sono anni difficili per i campi. Quali sono le vostre prospettive?
«L’obiettivo è quello di crescere pian piano, in maniera costante. Dobbiamo strutturare le nuove colture e stare sempre attenti all’innovazione».
Il settore agricolo è tornato al centro del dibattito economico. Che apporto può essere dato dai giovani?
«Assolutamente importante perché il modo che hanno di operare dal punto di vista commerciale e della scelta delle colture è al passo coi tempi. C’è maggiore attenzione alla tecnologia che porta ad un uso equilibrato delle risorse e quindi ad un maggiore rispetto dell’ambiente».
A che punto è il ricambio generazionale in agricoltura?
«Facendo una media, indietro. E’ un settore complesso, per il quale servono investimenti a lungo termine come dimostra la mortalità elevata di imprese nei primi 5-8 anni di vita perché il ritorno deli investimenti è molto lungo. Anche gli strumenti a disposizione per avviare un’attività agricola sono indietro».
Come può essere incoraggiato il ritorno ai campi dei giovani?
«Creando dei poli di supporto composti da istituti di credito, enti di formazione, scuole superiori, cooperative e giovani. Serve un sistema di credito paziente che non guardi solo a un ritorno immediato. Insomma un po’ come hanno fatto con i distretti in Germania».
Che cosa può dare un’associazione come l’Agisa Cia?
«L’idea di base è quella di riuscire a coniugare le idee dei giovani all’esperienza dei senior, ma anche al dialogo e allo scambio con ‘Donne in campo’ che è molto importante. Il ruolo dell’associazionismo è cruciale: sono sempre stato dell’idea che le cose bisogna conoscere per poterle discutere».
Su quali colture, a suo avviso, deve puntare la Romagna?
«Innanzitutto deve cercare di mantenere il grande patrimonio di cui già dispone, ma deve strutturare meglio l’offerta attraverso un’aggregazione maggiore dove si muove già qualcosa, come alcune esperienze da poco nate nel territorio per valorizzare le produzione ortofrutticole. Ora si deve capire meglio cosa vuole il consumatore. Dobbiamo stare attenti a non perdere ad esempio le nettarine, che a Ravenna significa perdere un indotto importante, oltre a molte aziende agricole».
Il biologico è in forte crescita. A che punto è in provincia?
«Sicuramente avanti, ma abbiamo ancora ampi margini di miglioramento».
Come giudica Expo?
«E’ un’ottima vetrina per l’agroalimentare italiano, frutto di un grande lavoro fatto dal nostro Paese. La promozione delle eccellenze può essere migliorata, ma va nella direzione giusta».

Christian Fossi
economia@settesere.it
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