Imprenditori U40, Marianna Panebarco: «Più Fab Lab e co-working, laboratori dell’innovazione»

Ravenna | 01 Giugno 2015 Blog Settesere
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«Nel ravennate servono più Fab Lab e spazi di co-working che sono veri e propri laboratori dell’innovazione che possono aiutare moltissimo soprattutto lo sviluppo di imprese digitali. I giovani oggi creano un vantaggio competitivo alle aziende che li sanno valorizzare». E’ questa l’idea per sviluppare le pmi innovative e qualificare il tessuto imprenditoriale locale di Marianna Panebarco. Ravennate, 39 anni, due figli (Ottavia di 7 anni e Bartolomeo di 3 anni), laureata in lingue, presidente dei Giovani imprenditori della Cna Emilia-Romagna, in azienda come socia fin dalla sua fondazione nel 1995, prima collaboratrice del padre Daniele, poi pian piano sempre più attiva in prima persona insieme alla sorella Camilla e al fratello Matteo.
Come nasce la sua avventura imprenditoriale?
«La nostra impresa (Panebarco & C.) fu fondata vent’anni fa da mio babbo ed io, appena maggiorenne, ne divenni subito socia, ma collaboravo saltuariamente mentre studiavo all’Università. Facevamo storie interattive in collaborazione con DeAgostini Multimedia. Agli inizi del Duemila abbiamo dovuto ripensare i nostri prodotti a seguito della crisi dei cd. Così iniziammo a modellare per i beni culturali con software player di navigazione in 3D per l’online che permettevano di viaggiare virtualmente nei musei. Erano progetti che anticipavano i tempi e abbiamo lavorato per il Ministero dei Beni culturali, per la Regione e per vari musei. Nel 2004-2005 abbiamo fatto un’altra rivoluzione e oggi siamo specializzati in video 2D e 3D con cartoni animati di sensibilizzazione sociale o per aziende alle quali forniamo clip animate».
Qual è l’andamento?
«Siamo felici, il lavoro non manca e siamo selettivi coi clienti con i quali sviluppiamo grande empatia e fiducia. Abbiamo comunque ancora margini di crescita».
Ha sempre pensato di fare l’imprenditrice?
«No, anzi, dopo la laurea avevo iniziato a lavorare in navi da crociera, poi in un albergo, dove ho conosciuto mio marito. Avendo un carattere forte come quello di mio padre, temevo di entrare troppo spesso in conflitto con lui. Poi ho capito che quella era la strada più idonea per me e ho provato. I primi anni sono stati difficili, ma non tornerei indietro».
Qual è il valore aggiunto del Gruppo giovani?
«L’avventura in Cna è nata in maniera concreta e pratica: mi sono iscritta per i servizi e mi si è aperto un mondo. Ho fatto corsi per imprenditori e partecipare è stato fondamentale per fare rete, creare sinergie e opportunità. Con l’ex presidente nazionale del Gruppo giovani, Andrea Di Benedetto, abbiamo deciso di puntare al digitale 5-6 anni fa: non era banale parlare di digitalizzazione delle piccole e medie imprese. Oggi abbiamo tanti imprenditori molto attenti alle novità sia in settori tradizionali, sia in quelli digitali. Siamo stati tra i promotori dell’accordo Digitaly Imprese che prevede una collaborazione fra Cna, Google, Amazon, Seat Pagine Gialle e Cnr per avvicinare le Pmi al digitale».
Come vivono le imprese artigiane il ricambio generazionale?
«Questo è un periodo particolarmente propizio, in cui molti imprenditori senior sono maggiormente propensi ad ascoltare i giovani in quanto vedono in loro un vantaggio competitivo. Ovviamente ci sono anche quelli che si chiudono a riccio e solitamente guidano imprese non più performanti. La crisi e la tecnologia digitale hanno forzato questo processo. Detto ciò, in casa nostra è il contrario: nostro padre è più vulcanico e pronto a progetti sempre più innovativi, mentre noi figli siamo più pratici».
Ha fatto parte del comitato di «Ravenna 2019». Che esperienza è stata?
«Per quanto mi riguarda bellissima e positiva, ma penso che lo sia stata anche per la città. Si nota un cambio di atteggiamento e mentalità: ci sono più tentativi di fare insieme progetti ed iniziative. Certo, se avessimo vinto sarebbe stato valutato diversamente anche il percorso, ma credo che sia stato molto positivo. Ho solo il timore, con le elezioni amministrative il prossimo anno, che in quest’anno si disperda il patrimonio di Ravenna 2019, allontanandoci dai contenuti del dossier».
E’ stato un primo passo verso la politica?
«No, mi diverto a fare l’imprenditrice».
Cosa manca per «coltivare» imprese innovative?
«Innanzitutto c’è grande voglia e attenzione all’argomento come dimostrano i barcamp fatti negli anni e il primo evento organizzato da Girl Geek Dinners. Inoltre ci sono tante figure competenti sul digitale e molto potenziale. A Ravenna mancano luoghi di aggregazione come ad esempio i Fab Lab o i co-working che sarebbero importantissimi per le piccole imprese».

Christian Fossi
economia@settesere.it
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