Lo strano caso delle cooperative rosse
È da più di vent’anni che una parte trasversale del Paese utilizza il termine dispregiativo “cooperative rosse” per rivolgersi al movimento cooperativo di Legacoop. L’origine di questo termine risale a un periodo preciso della storia della prima Repubblica, a cavallo di tangentopoli. E a un teorema che poi è stato smentito dalla verità processuale: le “cooperative rosse” servivano per finanziare i partiti della sinistra. Ma che serviva e serve, a destra quanto a sinistra, per motivi prima di tutto politici. Ed ecco perché le “cooperative rosse” vengono sempre chiamate in causa in modo collettivo quando una di esse finisce sotto i riflettori dei media, con una generalizzazione adoperata ad arte.
Sono alcune delle conclusioni a cui è giunto il convegno “Lo Strano Caso delle Cooperative Rosse”, svolto giovedì 19 marzo a Forlì. Sul palco, presentati dalla giornalista RAI Ilaria Capitani, alcuni protagonisti della vita economica e politica di quegli anni e del presente: il presidente di Conscoop Mauro Pasolini, l’assessore all’Agricoltura della Regione Sicilia Nino Caleca e il già presidente di Legacoop Sicilia Elio Sanfilippo., insieme al presidente di Legacoop nazionale Mauro Lusetti.
L’iniziativa ha preso il via dalla pubblicazione del libro “Mafia e Coop Rosse: Misteri, Intrighi e Depistaggi”, scritto da Sanfilippo e Caleca per i tipi dell’Istituto Poligrafico Europeo. È il racconto innestato nel contesto istituzionale degli anni Ottanta e Novanta del contrasto alle infiltrazioni mafiose, del ruolo della cooperazione per liberare l’economia dalla mafia, dei dibattiti interni alla società e alla politica italiana.
«Già nel 1994 - ha ricordato Caleca – si ipotizzava un accordo tra Cosa Nostra e le cooperative per inquinare il mercato degli appalti. Ma dopo vent’anni di processo, per cui molti hanno subito l’onta del carcere, tutti i cooperatori sono stati assolti. Ci chiediamo come sia stato possibile tutto questo per ristabilire una verità che per noi era assolutamente chiara: le cooperative non hanno nulla a che fare con la mafia».
«Questo libro serve a indicare una strada principale per le cooperative: quella della legalità», ha dichiarato Sanfilippo. «Le cooperative devono portare questa bandiera con forza, perché è solo in un mercato liberato da ogni condizionamento politico, affaristico e mafioso che le cooperative possono trovare l’occasione per potersi affermare e prosperare».
«Chi conosce la cooperazione vera sa che è nella sua stessa particolare forma di organizzazione democratica che risiede l’antidoto contro le infiltrazioni. Il fatto che non esista un unico “dominus”, ad esempio, è quasi incomprensibile per i mafiosi, che nella commissione dei loro reati cercano rapporti organici, sicuri e continuativi dentro alle imprese», ha detto Mauro Pasolini.
«Più che dispregiativo il termine “cooperative rosse” è assolutamente inadeguato a descrivere una realtà che sta andando a passi rapidi verso l’unificazione nell’Alleanza delle Cooperative Italiane», ha detto Lusetti ricordando la dura lotta alle false cooperative che il movimento sta conducendo. «Accontentarsi di rispettare la legge è il minimo indispensabile - ha sostenuto - mentre noi dobbiamo puntare sulla legalità come elemento competitivo, perché le nostre aziende prosperano solo in un mercato pulito, trasparente e legale». (Emilio Gelosi)