Tiziana Bartolotti: "Fecondazione eterologa, molte richieste nei 2 centri in provincia"

03 Ottobre 2014 Blog Settesere
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«Negli anni passati avevamo una percezione molto sommaria di quante coppie potessero recarsi all'estero per sottoporsi alla fecondazione eterologa: ipotizzavamo 4mila all'anno, ma oggi ci rendiamo conto che il numero era sottostimato». Alla luce della decina di contatti giornalieri ricevuti dal centro Artebios di Lugo - all'indomani della delibera regionale che regolamenta la materia - la direttrice Tiziana Bartolotti traccia un quadro della situazione. La fecondazione eterologa, è giusto ricordarlo, è una delle diverse forme di procreazione medicalmente assistita (Pma) di cui esistono molte varianti. Vietata in Italia fino a poche settimane fa, l’eterologa si distingue perché il seme maschile o l’ovulo femminile utilizzati nella fecondazione assistita non appartengono ad uno dei genitori ma ad un donatore esterno alla coppia (diversamente si parla di fecondazione omologa, ndr). «Il caos sulla legge 40 del 2004 può avere confuso le idee - riprende Bartolotti -: è stato discusso su tutto e di tutto e questo ha sicuramente generato confusione. Oggi la realtà  è che chi si rivolge al nostro centro non ha altre possibilità. La maggior parte delle donne che viene da noi soffre di menopausa precoce. Questa problematica colpisce il 10% della popolazione femminile intorno ai 45 anni e il 2% delle donne tra i 35 e i 40 anni. Discorso diverso per la sterilità maschile, perchè con la tecnica Icsi può diventare papà anche un uomo con pochissimi spermatozoi».
In pratica ad Artebios afferiscono persone che hanno già provato con la fecondazione omologa e che non hanno altre prospettive. «Non si tratta di capricci, non ci sono donne di 55 anni - sottolinea la direttrice -, ma coppie con età variabile dai 42 ai 44 anni». E le richieste provengono da tutta Italia. «La prima Regione ad avere deliberato in materia è stata la Toscana e noi abbiamo seguito a ruota, ma non tutte le regioni lo hanno fatto. La Lombardia, ad esempio, ha stabilito che questo trattamento non può essere inserito nei Lea (livelli essenziali di assistenza, ndr) e di conseguenza non può essere mutuabile. La confusione esiste per noi medici, figuriamoci per i pazienti». Oltre a questi ultimi, a non avere un quadro chiaro della situazione sono però anche i donatori. «Bisognerà capire come reclutarli - sottolinea la responsabile - e come rimborsarli. Se diciamo che è possibile sottoporsi alla fecondazione eterologa anche in Italia, non possiamo aspettarci che un cittadino si svegli al mattino e decida di andare a donare. Servono pratiche di sensibilizzazione».  In proposito, il 25 ottobre si terrà un convegno a Firenze organizzato da Cecos (associazione centri privati italiani), una delle prime realtà che, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, ha fatto gruppo per raccogliere idee sull'eterologa. «Sarà un momento di confronto sia per quanto riguarda la donazione, sia per quanto concerne i rimborsi - osserva Bartolotti -. Ad esempio, per una donna il trattamento è molto invasivo e prevede la somministrazione di farmaci, il riposo dopo la sala operatoria e la sospensione dal lavoro. Pratiche difficili soprattutto in un periodo come quello che stiamo vivendo». E c'è chi ipotizza, almeno all'inizio, l'acquisto di ovociti e spermatozoi dall'estero. «Anche se le banche estere ci inviassero gameti, dovremmo pagarli, e questo non è previsto dalla nostra normativa. La situazione non è facile, vedremo come fare». (Federica Ferruzzi)


FECONDAZIONE ASSISTITA | Al Servizio pubblico ospedaliero di Lugo aspettano una circolare
«Chi ha gameti congelati li ha donati volentieri»
«Si tratta di una legge che aspettavano tantissime coppie, molte di più di quelle che avremmo pensato. Al momento le richieste arrivano via mail e per telefono, noi ci limitiamo a stilare una lista e a convocare le coppie per i colloqui. Solo nei prossimi mesi inizieremo i trattamenti veri e propri». A spiegarlo è Valeria Rambelli, responsabile dell'ambulatorio di fisiopatologia
della riproduzione di Lugo, unico centro pubblico dell'Azienda unitaria locale. «Noi e quello di Cattolica siamo gli unici due dell'Area Vasta - precisa la dottoressa -.  Ora stiamo aspettando una circolare applicativa che entrerà anche nel dettaglio delle peculiarità finanziarie». Come sottolineato dalla collega Tiziana Bartolotti, un altro problema è rappresentato dai gameti disponibili. «Al momento ne abbiamo pochi - precisa -, alcuni sono surgelati, ma non sono sufficienti. In proposito, però, abbiamo avuto una buona risposta dalle coppie che non hanno più avuto bisogno di  spermatozoi e ovociti donati in precedenza. Molti hanno già avuto bambini e hanno deciso di donare i loro gameti». Per capire la spesa, però, bisognerà aspettare ancora qualche giorno. «In Italia è stato approvato un ticket che varia dai 400 ai 600 euro. Noi penso saremo in linea, con una spesa che potrà aggirarsi tra i 300 e i 500 euro».  (fe.fe.)


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I CENTRI IN EMILIA-ROMAGNA
In Emilia-Romagna sono 21 i centri autorizzati (10 pubblici e 11 privati) per le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Nella provincia di Ravenna ne sono presenti due a Lugo. Delle 10 strutture pubbliche, 4 sono di primo livello (effettuano l’inseminazione artificiale, a bassa complessità organizzativa e tecnico-professionale), mentre le altre (sempre pubbliche) sono autorizzate a utilizzare anche tecniche di secondo-terzo livello (fecondazione in vitro e fecondazione attraverso l’iniezione dello spermatozoo all’interno del citoplasma). Per il privato, su 11 centri, 4 sono di primo livello, gli altri di secondo-terzo.
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