Chiesa, il vicario generale don Graziani: «Don Desio? Dovevamo intervenire prima»

Ravenna | 22 Aprile 2014 Blog Settesere
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«Bisogna dire poche cose. Di fronte alle sofferenze di chi ci sta intorno bisogna esserci molto e parlare poco». Abituato a mantenere un profilo basso, il vicario generale della diocesi Don Alberto Graziani (nella foto) non si tira indietro e accetta di parlare delle difficoltà che la parrocchia di Casal Borsetti, ma più in generale la Curia ravennate, sta attraversando in queste settimane.
Don Graziani, non pare essere un buon momento per la Chiesa ravennate. Avete qualcosa di cui rimproverarvi?
«Avremmo dovuto capire prima quello che stava accadendo. Certo, vedevamo che don Desio era un prete un pochino “estroso”, ma non avremmo mai immaginato che potesse accadere una cosa del genere. Saremmo dovuti essere maggiormente intuitivi, ma sappiamo che esistono persone estrose, fuori dagli schemi. Del resto noi preti diocesani viviamo in mezzo alla gente, è difficile avere parroci fatti “con lo stampino”. Ogni campanile ha il suo stile. Mi dispiace che sotto un modo di fare così estroso ci fosse ben altro».
Come vive questa situazione la comunità di Casalborsetti?
«C'è molta sofferenza, che quasi si tocca con mano, ma nonostante questo vedo molte persone che si dedicano alla preghiera. Per questo chiedo rispetto per i familiari delle persone coinvolte. Inoltre ritengo che l' incresciosa faccenda che ha coinvolto padre Pietro Gandolfi sia stata male interpretata».
Qual è l'atteggiamento delle persone?
«Io sono della zona, ho sempre cercato di essere vicino alla gente. Ho visto segni di raffreddamento da parte di qualcuno, ma ho notato anche tante manifestazioni di vicinanza. Certo è un momento in cui la fede è stata messa a dura prova e sono profondamente vicino a chi è stato danneggiato».
Il vescovo ha annunciato l'introduzione di una equipe diocesana per la tutela dei minori. Quando
sarà operativa?
«Credo che l'equipe comincerà ad operare presto, perchè l'arcivescovo è sì riservato, ma è un gran lavoratore. Dobbiamo fare il mea culpa per quanto accade a “casa nostra”, ma il parroco di Casalborsetti non è stato l'unico a compiere gesti così gravi. Per questo serve uno strumento preventivo di vigilanza, ma soprattutto di lettura. Una famiglia soffre i propri mali, ma con più li affronta, con più crea futuro».
D'accordo, ma questo non limita l'attività di un parroco?
«No, perchè in questo modo si alimenta quel controllo vicendevole, compiuto con amore, tra prete e parrocchiani.  Io stesso da solo potrei fare meno, valere meno, aiutare meno. Quando le persone mi stanno vicino mi fanno un regalo e mi aiutano a migliorare. Dobbiamo avere l'umiltà di ammettere che non siamo perfetti e che siamo servitori, non padroni».
Quando incontrerà Don Desio?
«Non so ancora quando potrò vederlo - spiega -, ma non so fare a passare accanto a una persona che soffre senza dirgli che le sono vicino. Non immagino cosa possa significare, per lui,  la parola ripresa, ma noi crediamo sempre che esista una conversione. Mi auguro che chi ha sbagliato possa riprendersi e chi ha ricevuto il danno possa capire che quanto gli è accaduto  è stato compreso. L'ho detto anche ai genitori dei bambini con cui ho avuto modo di parlare nei giorni scorsi».
 
Federica Ferruzzi
cronacaravenna@settesere.it


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L'ho avuto come insegnante di religione: quello che ho da dire non è sintetizzabile in poche parole. Come insegnante: preparato e capace di coinvolgere gli allievi su una materia con molto poco appeal su degli adolescenti. A differenza degli altri docenti entrava in confidenza con qualunque allievo si fosse rivolto a lui per parlare dei vari disagi adolescenziali che normalmente si verificano (sia chiaro: quando hai 40 anni ci ripensi e le definisci facezie ma a 15 anni sono veri e propri drammi che ti trovi ad affrontare senza esperienza e strumenti/metodi). Era un istituto professionale ed il "parco studenti" era composto da ragazzi che al diploma di terza media gli veniva consigliato "un breve corso di formazione professionale", con famiglie "proletarie", il che non è pacificamente una colpa ma che in conseguenza della loro condizione si ritrovavano prigioniere in un contesto di povertà culturale, che come effetto aveva l'incapacità di dare risposte ai figli riguardo alle difficoltà che man mano gli si presentavano in un ambito sociale in trasformazione (prima metà anni 90) nonché incapaci ed insensibili alla valorizzazione delle capacità inespresse dei figli. In questo contesto Desio (non ancora Don) era una figura consolatoria ed anche utile: riempiva un vuoto, ti faceva sentire un individuo le cui idee erano degne di considerazione e rispetto. Anche se non era mai capitato alcuno scandalo e nemmeno, per quello che era la mia percezione di quindicenne, sospetti di condotta sanzionabile, col senno di poi ed alla luce degli eventi successivi, il secondo fine direi proprio che c'era. Ora comprendo il narcisismo che caratterizzava il suo agire, narcisismo talmente profondo e pertanto sottile nel suo manifestarsi che solo un occhio esperto lo poteva rivelare. È un uomo intelligente e quindi pericoloso, possedendo una personalità del genere. Un manipolatore diabolico. Possibile che nessuno fra quelli che hanno deciso di farlo sacerdote se ne sia accorto? Se la chiesa è così non può durare, né come riferimento morale né come istituzione. Una storia spiacevole e triste.
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