La fusione tra Castel Bolognese e Solarolo «è fattibile con 1,3 milioni di contributi per 10 anni»

Faenza | 27 Gennaio 2017 Politica
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La discussione sulla fusione tra i comuni di Castel Bolognese e Solarolo è tornata ad animare i rispettivi consigli comunali. Le due assemblee si sono già pronunciate favorevolmente sul riassetto degli enti, ma ora potranno approfondire il quadro con i dati alla mano raccolti nello studio di fattibilità messo a punto da Andrea Piazza, giovane giurista che si è aggiudicato l’incarico grazie alla borsa di studio patrocinata dalla Fondazione Dalle Fabbriche. Ma l’ultima parola spetterà ai cittadini che saranno chiamati, presumibilmente nel settembre 2018, alle urne per il referendum.
«Lo studio - dice il curatore Andrea Piazza - ci parla di una ‘fattibilità alta’. Le ragioni a favore della fusione sono, in particolare, cinque. In primo luogo, il riassetto farebbe spazio ad alcune economie di scala: pensiamo alla compilazione di un solo bilancio, o alla macchina amministrativa che si mette in moto in occasione delle elezioni. Un risparmio quantificabile, se raffrontato ad altre situazioni simili, in 500mila euro l’anno. In secondo luogo Solarolo, comune sotto i 5000 abitanti, sarebbe comunque obbligata a conferire servizi. Terzo punto, i due comuni sono, sotto il profilo amministrativo, piuttosto omogenei ma gli abitanti di Solarolo, che hanno sempre fatto fronte ad aliquote fiscali più care rispetto ai vicini di Castel Bolognese, livellando le aliquote potrebbero risparmiare 130mila euro all’anno». Con la fusione si potrebbero programmare gli investimenti pubblici con più lungimiranza, «a partire dal sottopasso ferroviario», rileva il sindaco di Solarolo Fabio Anconelli. Senza dimenticare i contributi statali e regionali: in totale, 1 milione e 368mila euro all’anno, moltiplicati per dieci annualità. «Ma prima ancora di pensare a risparmiare - commenta il sindaco di Castel Bolognese - queste economie ci permetterebbero di dare nuovo sviluppo al territorio».  
Le criticità riguardano l’identità delle due comunità «che possono diventare campanilismo - aggiunge Piazza -. Uno scoglio, quello della rappresentanza politica, che potrebbe essere superato con l’introduzione di due municipi: due assemblee con scopi consultivi i cui componenti potrebbero essere votati in occasione delle elezioni comunali o designati direttamente dalla giunta comunale». Altra questione, l’inquadramento della fusione nell’evoluzione nell’Unione della Romagna Faentina, che sta decollando proprio in questi mesi.
Il percorso è ancora lungo. Dopo lo studio di fattibilità, si lavorerà sul progetto vero e proprio per mettere a punto le bozze di statuto e regolamenti del nuovo ente: «Occorre fornire le giuste informazioni ai cittadini», rileva Anconelli, e «anche se non si arrivasse alla fusione, questo studio ci restituisce un quadro dettagliato della situazione». L’istanza di fusione che dovrebbe uscire dai due consigli comunali deve essere presentata nei primi tre mesi dell’anno, che di norma stabilisce la data del referendum per l’autunno successivo: facile ipotizzare che le urne, nel caso il percorso non incontri battute d’arresto, non aprano prima di settembre o ottobre del 2018. (s.sta.)   

 
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