Massimiliano Baravelli
Domenica 22 gennaio la Nazionale italiana trapiantati e dializzati di volley scenderà in campo al pala Bubani di Faenza per affrontare in una sfida amichevole la Sbt Imola. L’evento, che inizierà alle 10, è stato organizzato anche grazie all’impegno e alla volontà di Michael Girelli: 28enne di Reda, da sempre appassionato di volley (come giocatore, allenatore e ora di nuovo giocatore), affetto da fibrosi cistica, nel 2013 è stato sottoposto ad un doppio trapianto di polmoni. Una volta recuperata l’efficienza fisica Michael non ha esitato a tornare sotto rete.
«Questa nazionale è nata due anni fa - racconta - dall’idea di un ragazzo di Trento, Loris Puleo. L’ho conosciuto grazie all’associazione Unione trapiantati polmone di Padova, e mi sono subito unito al gruppo. Siamo una decina e questa sarà la quinta volta che riusciamo ad organizzare un evento di questo tipo».
Quali sono le motivazioni che vi spingono?
«Ovviamente siamo appassionati di volley e ci piaceva l’idea di riunirci per giocare, creare un gruppo, una squadra. È un ritorno soft all’agonismo, un modo per tornare in campo. Poi ovviamente lo facciamo per sensibilizzare i donatori e anche i candidati alla donazione».
Spiegaci meglio.
«Innanzitutto mostrare alle persone sane cosa può fare un trapianto a quelle malate crediamo sia il modo più efficace per stimolare le donazioni. È un argomento molto delicato da affrontare, non è semplice convincere le persone a donare, uno spesso non ci vuole nemmeno pensare. Però vedere, letteralmente sul campo, cosa ha voluto dire per noi la donazione, può davvero avere effetti importanti. Per questo sabato 21 gennaio saremo anche al liceo scientifico di Faenza per parlare con i ragazzi delle donazioni».
Accennavi anche alla sensibilizzazione dei malati.
«Esatto, cito il mio caso come esempio. Io sono nato con la fibrosi cistica. Fino a 5 anni fa ho cercato di sopravvivere con le medicine, il riposo, sono arrivato ad utilizzare l’ossigeno 24 ore al giorno. Appassionato di moto andavo in giro con la bombola sulle spalle. Poi una volta sono caduto, forse causa un piccolo malore, e ho realizzato che così non andava, che non era quella la vita che volevo. Un trapianto di entrambi i polmoni può sembrare un azzardo, ma a me è sembrata l’unica strada. Ho atteso un anno e nel 2013 sono stato operato. Adesso sto piuttosto bene, ho una vita sostanzialmente normale, lavoro e posso giocare a pallavolo. Queste partite vogliono essere da stimolo anche in questo senso, per dare coraggio a chi sta male ma non sa bene come affrontare la malattia».
Sei anche impegnato nella raccolta fondi per l’associazione di Padova.
«Purtroppo è ovvio che anche i trapianti hanno la loro alta percentuale di rischio. Sally, la mia ragazza, purtroppo non ce l’ha fatta; lei però ha voluto lasciarmi un bellissimo disegno di un albero - polmone. D’accordo con la sua famiglia ho usato quel disegno per produrre tute, canotte e magliette, e il ricavato viene donato tutto all’associazione. Potete trovare le informazioni sul sito www.unitp-pd.it e sulla pagina Facebook dell’Unione trapiantati polmone di Padova».