Un corso per diventare Imam: il prof. Cimbalo placa le polemiche e spiega perchè farlo proprio a Ravenna

Ravenna | 21 Gennaio 2017 Cronaca
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Federica Ferruzzi Partirà con tutta probabilità a febbraio a Ravenna - la città in cui è avvenuto il recente allontanamento di un sospetto foreign fighters - il corso di formazione per imam e ministri di culto di altre confessioni religiose sui diritti e doveri della Costituzione. Un’iniziativa che mira al dialogo ma che ha sollevato reazioni da più parti, alla luce delle polemiche per i combattenti che proprio da Ravenna partirebbero per arruolarsi in guerra santa. La direzione del progetto - gestito da Fondazione Flaminia, vincitrice di un bando ministeriale - è a cura del professore Giovanni Cimbalo dell’Alma Mater, mentre il corso è coordinato da Federica Botti, anche lei professoressa dell’Università di Bologna. Sei gli atenei coinvolti: oltre a Bologna partecipano infatti anche quelli della Calabria, Salerno, Bari, Pisa e Firenze. Professore, Ravenna viene considerata, a torto o a ragione, capitale dei foreign fighters e l’istituzione del corso ha creato polemiche. Cosa ne pensa? «Il bando è di molto precedente alla notizia e non sappiamo neanche se da Ravenna parteciperà qualcuno. Quando una religione, e non solo l’Islam, viene vissuta e si affrontano i problemi reali, si ottiene l’unico vero antidoto al fondamentalismo. Una maggiore libertà religiosa è la migliore prevenzione possibile. Se si pratica religione perchè si è letto un libro, si è portati ad interpretare quello che si legge come indicazione assoluta. Se però una persona vive i problemi quotidiani e si confronta con la realtà, e con gli altri, allora la situazione cambia. Una religione vissuta e praticata costringe chiunque a scendere a compromessi con la vita di ogni giorno, a mescolarsi con i problemi quotidiani. In regione, ad esempio, si registra il più alto numero di infibulazioni: bisognerà pur spiegare che nelle Scritture e nel Corano non c’è nessuna indicazione in tal senso. E che, se qualcuno compie un’azione simile, finisce dritto in galera. Occorre ribadire il concetto che mutilare una donna è reato». Si tratta di un corso di formazione, a chi è rivolto? «Sì, è un corso di formazione che si terrà nella sede di Giurisprudenza del campus di Ravenna dell’università di Bologna, rivolto agli imam e ai ministri di culto di altre religioni provenienti da paesi extracomunitari che intendono operare in Italia. Chi vuole partecipare deve essere residente da almeno 5 anni». Quali saranno le materie di insegnamento? «Nel programma figurano i principi costituzionali in materia di libertà religiosa e coscienza, libertà di disporre di edifici di culto, libero esercizio della religione, rispetto dei diversi culti e dei non credenti, libertà di celebrare i riti della propria religione e obblighi di legge da rispettare. Si tratta di tematiche connesse allo studio del diritto ecclesiastico. L’obiettivo è quindi approfondire identità culturali e religiose, abituando al rispetto reciproco e alla convivenza, che sono il miglior antidoto al radicalismo, all’estremismo religioso e alle intolleranze. La guida è la Costituzione: attraverso il rispetto della libertà altrui si difende la propria». A Ravenna è presente l’unica vera e propria moschea dell’Emilia-Romagna, la seconda più grande d’Italia: questo aiuterà nelle iscrizioni? «Il bacino d’utenza non è Ravenna, questa città sarà solo la sede fisica del corso. E comunque ritengo che questa sia la città adatta a promuovere questi progetti, in quanto già sede di iniziative multireligiose, dove convivono musulmani, cattolici e ortodossi. Dov’erano, i sollevatore delle polemiche, quando nel 2012, indipendentemente dal credo, i leader di quattro confessioni religiose albanesi hanno recitato il Padre nostro in San Vitale, insieme al vescovo di Ravenna? Questo corso è un fatto culturale, oltre che cultuale, e non è un caso che si svolga presso una sede universitaria. Ravenna si è aggiudicata il bando grazie alla grande professionalità dello staff di Fondazione Flaminia. Non abbiamo problemi a discutere pubblicamente con chiunque: non c’è nulla di ideologico. Impedire il culto significherebbe lasciare le cose in mano a qualcuno che si camuffa da imam o da ministro di culto di un altro credo e ne approfitta per fare proselitismo fondamentalista».
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