Confrontarsi sul ciclismo con lui è come divorare un'enciclopedia del pedale, visitare un immenso museo delle due ruote, è come ritrovarsi catapultati in gruppo a mulinare e scattare, limare e faticare. Davide Cassani, nato 56 anni fa (tra pochi giorni) a Faenza ma cresciuto a Solarolo, ciclista professionista dal 1982 al 1996, ex giornalista Rai, è ora commissario tecnico della nazionale italiana di ciclismo su strada.
Cassani, qual è il suo bilancio per la stagione 2016?
«È stato un anno positivo. Abbiamo conquistato diverse medaglie, tre delle quali d’oro, alle Olimpiadi su pista con Elia Viviani, ai mondiali di Londra nell’inseguimento individuale con Filippo Ganna e ai Mondiali in Qatar, su strada, con la Junior Elisa Balsamo. Anche il Giro d’Italia se l’è aggiudicato un italiano, Vincenzo Nibali».
La medaglia mancata da Nibali alle Olimpiadi è il rammarico più grande?
«Sì. La nazionale è stata veramente brava, fantastica, e i ragazzi meritavano certamente una medaglia. Purtroppo Nibali è caduto nella discesa finale a pochi km dall’arrivo, quando era in fuga, e il risultato non è arrivato per pura sfortuna».
Riesce sempre a costruire una nazionale compatta, attenta, protagonista. Anche se sta mancando l’acuto.
«In questo momento stiamo soffrendo la mancanza di campioni nelle gare di un giorno, all’estero godono di diversi specialisti. Nonostante ciò siamo sempre stati protagonisti, una vera squadra. Sfiorato l’oro alle Olimpiadi, siamo arrivati quinti al Mondiale e ce la siamo giocata all’Europeo, con Villella e Moser, provando a battere il campione Peter Sagan».
Sagan è il «Cannibale» del ciclismo moderno?
«Nelle corse di un giorno sì, è veramente un fenomeno. La più complicata, per lui, è il Giro di Lombardia, ma le altre classiche può vincerle tutte, anche la Liegi-Bastogne-Liegi».
Negli ultimi mesi si sono ritirati diversi corridori importanti: Fabian Cancellara su tutti, ma anche Joaquim Rodriguez e il nostro Matteo Tosatto. Cosa perde il ciclismo?
«Cancellara e Rodriguez sono due campioni che hanno segnato un’epoca. Al primo manca forse una maglia iridata su strada, che avrebbe certamente meritato, ma è stato veramente un fuoriclasse. Tosatto è l’esempio del gregario di una volta, il classico corridore poco appariscente, ma fondamentale, esemplare. Non a caso ha affiancato diversi grandi campioni, come Contador».
È stato anche l’anno del rifiuto della giunta Raggi alla candidatura di Roma per ospitare le Olimpiadi 2024. Il suo parere in merito?
«Da italiano e da sportivo mi spiace molto, sarebbe stato bello vedere un’Olimpiade in Italia. Ma non faccio valutazioni politiche».
Passiamo al 2017, con la prima grande novità. A giugno torna il Giro d’Italia Under 23, che ha voluto a tutti i costi.
«Sono contento, è certamente un bel colpo. Ho dato una mano ad organizzarlo. Partirà da Imola, si passerà dalla Romagna in alcune frazioni e la tappa finale vedrà protagonista il Gran Sasso».
Il Giro «dei grandi» è invece quello del centenario, percorre tutta l’Italia, isole comprese, e promette spettacolo.
«È un Giro vero e proprio, perché parte dalla Sardegna, passa dalla Sicilia ed abbraccia quasi tutta l’Italia. Un percorso bello, esigente, complicato e duro. Speriamo sia una bella sfida Nibali - Aru.
Il ciclismo ha bisogno di queste grandi sfide, di rivalità importanti come ai tempi di Coppi e Bartali?
«Nei grandi giri è bello vedere i nostri uomini più importanti avversari e non compagni di squadra. Meritano entrambi di essere capitani nelle grandi squadre. Il ciclismo ha solo da guadagnare da certe sfide e sarà vero spettacolo».
Un parere sul prossimo Mondiale?
«Passiamo dai 40 gradi del Qatar alla fredda Norvegia, con l’incognita pioggia a complicare le cose. Sulla carta è un percorso non difficile, che potrebbe vedere 40 corridori in volata. È certamente per velocisti, soprattutto per quelli che reggono bene le salitelle».
Come Ct lei è spesso criticato, anche dai suoi predecessori. Come vive questa situazione?
«Quando sei il commissario tecnico non puoi soddisfare tutti, è normale. Faccio del mio meglio, le chiacchiere mi interessano poco. Se la critica non è offensiva l’accetto volentieri, può darmi validi spunti per valutare il mio lavoro».
Un’ultima domanda: il sogno per il 2017?
«Lavoro per vincere finalmente il Mondiale. Quello è il mio sogno, punto e basta».