Governo Gentiloni, gli umori dei parlamentari di casa nostra tra voto a breve o nel 2018

Romagna | 15 Dicembre 2016 Politica
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Il governo Gentiloni ha ottenuto la fiducia martedì 13 alla Camera dei deputati e mercoledì 14 al Senato, dove i numeri sono stati e saranno sempre più risicati. Come hanno vissuto questi ultimi otto giorni i nostri parlamentari? Quali sono le loro previsioni sulla durata di questo nuovo esecutivo, da molti ribattezzato «governo fotocopia», vista la conferma di quasi tutti i ministri uscenti dal primo governo Renzi?
 
STEFANO COLLINA (senatore del Partito Democratico)
«Sicuramente oggi abbiamo un Parlamento che, se per alcuni aveva poca legittimazione prima (ma si poteva discutere), ora dopo che la legge più importante è stata bocciata dal popolo, non è legittimato neanche a piantare un chiodo nel muro. Quindi il voto è l’unico passaggio che oggi può dare legittimazione a un parlamento e a un governo. Oggi abbiamo un governo politico a trazione Pd, che si prende veramente delle responsabilità nel bene e nel male, fino alle elezioni e se ci sarà da staccargli la spina anche questa sarà una responsabilità politica chiara. Con quale Pd andremo al voto? Qui la risposta è più breve: con il Pd del Sì, con il Partito che vuole ancora parlare al Paese da grande partito e non vuole diventare una forza da 12% che sta a guardare destre e populismi contendersi gli spazi politici come accade in tutta Europa. Se non siamo riusciti a modernizzare il Paese, di certo la modernizzazione della sinistra va portata in fondo. E’ anche vero che il ‘mondo proporzionale’ esprime leadership in modo differente dal ‘mondo maggioritario’, ma mi appare evidente che Matteo Renzi ha le caratteristiche per restare il punto di riferimento del Pd per i prossimi anni».
 
ALBERTO PAGANI (deputato del Partito democratico)
«Può sembrare un ragionamento scontato, ma come recita la nostra Costituzione, l’esecutivo rimane in carica fino a quando ha la fiducia del Parlamento. Si tratta di un governo molto simile a quello precedente, un ‘governo di scopo’ che arriva verso la fine della legislatura e potrebbe esser nato per durare poco. Ha il compito di chiudere le questioni aperte e soprattutto elaborare la nuova legge elettorale. La proposta spetta a noi, che siamo la maggioranza, e i tempi sono dettati dal raggiungimento di un accordo tra le forze politiche che, speriamo, non si arrocchino su interessi di parte. La data del voto non può certo dipendere dal referendum sul Jobs Act: è necessario metter mano alle nuove regole del mercato del lavoro anche alla luce dei risultati fino ad ora prodotti, in alcuni casi negativi, a partire dai voucher: pensati per regolarizzare alcune tipologie di lavoratori, hanno portato nuove fasce di precariato. Su questo occorre intervenire da subito, a prescindere dalla data delle elezioni. Questo lavoro sulla normativa, e non certo il voto politico, potrebbero far venir meno la stessa necessità del referendum». (s.sta.)  
 
GIOVANNI PAGLIA (deputato di Sinistra italiana)
«Il mio giudizio era negativo già sul governo precedente, con il nuovo esecutivo diventa negativo ‘al quadrato’. Il precedente governo ha svolto un cattivo lavoro, lo testimoniano i dati sul lavoro e sull’economia. E dopo una sconfitta ‘politica’, è stato riconfermato, salvo la figura del Presidente del consiglio. Di nuovo un governo cattivo e sempre più debole che durerà, molto probabilmente, più di quanto ci aspettiamo. Occorre una nuova legge elettorale in tempi rapidi, ma questo non significa che vada composta in fretta e male. E non deve essere una replica delle solite leggi elettorali volute dal Partito democratico a proprio uso e consumo. E poi occorre tornare subito al voto. Ma è una sciocchezza parlare di settembre per via del vitalizio dei parlamentari. Il termine vale solamente per chi è stato eletto per la prima volta e non ha serie prospettive di essere rieletto: pochi onorevoli, concentrati soprattutto nelle file delle opposizioni. In altre parole, un numero ininfluente». (s.sta.)
 
JACOPO MORRONE (segretario romagnolo Lega Nord)
A margine del consiglio federale di via Bellerio che ha dettato la strategia federale del Carroccio, il leader romagnolo della Lega Jacopo Morrone lancia la campagna «Al voto subito» e si dice pronto a «raccogliere migliaia di firme. Sono i cittadini a chiedercelo, i 19.420.730 milioni di elettori che hanno bocciato la riforma costituzionale e decretato la morte del Governo Renzi. Dopo la schiacciante sconfitta referendaria dello scorso 4 dicembre l’unica strada democratica e percorribile è andare a votare - afferma Morrone -. Questo è quello che chiede la gente e noi scenderemo in piazza per dar loro la possibilità di metterlo nero su bianco. A partire da venerdì prossimo (16 dicembre) saremo in decine di piazze romagnole con altrettanti banchetti raccolta firme per mandare a casa l’ennesimo premier incaricato che tutto rappresenta fuorché la volontà degli italiani. In questo momento c’è bisogno di ripartire e di lavorare su politiche concrete; lavoro, immigrazione, crescita economica. Sono queste le priorità - conclude Morrone - da cui ripartiamo nei nostri Comuni per dare un segnale forte e concreto contro tutti quei Governi fantoccio che da Monti a Gentiloni si sono alternati alla guida di questo Paese». (Samuele Staffa)
 
 
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