Acmar, il giudice nega la richiesta di cassa dopo l'accordo tra le parti. A giorni l'incontro in Regione

Ravenna | 05 Dicembre 2016 Economia
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Giorni d’attesa alla cooperativa edile Acmar di Ravenna dopo che il giudice ha espresso parere negativo per procedere con alla richiesta di cassa integrazione straordinaria per crisi e il conseguente diniego di commissari e liquidatrice a non procedere alla firma dell'accordo raggiunto dai dirigenti e dai sindacati lo scorso 24 ottobre nella sede della Regione Emilia Romagna per scongiurare i licenziamenti dei lavoratori.

L'ipotesi prevedeva la richiesta da parte della cooperativa di ulteriori 9 mesi di cassa integrazione ministeriale per crisi, ma il giudice ha ritenuto la richiesta troppo complessa in questo momento, visto che sono cambiati i requisiti d'accesso.
I sindacati hanno subito espresso forti preoccupazioni per i lavoratori e chiesto un incontro urgente in Regione che dovrebbe essere calendarizzato al più tardi ad inizio della prossima settimana.

«La situazione che si è creata è esplosiva e inaspettata - dichiara Davide Conti, segretario generale della Fillea Cgil di Ravenna -. Eravamo riusciti con il ruolo determinante della Regione a evitare il dramma dei licenziamenti e avremmo traghettato la cooperativa avanti nel tempo perché si creassero le condizioni per assorbire gli esuberi; oggi questa decisione, non condivisa, getta nello sconforto noi e tutti i lavoratori. Abbiamo immediatamente richiesto una nuova convocazione in Regione per ricercare tutte le possibili soluzioni a questa grave situazione. La cooperativa Acmar occupa attualmente 230 dipendenti e di questi più di un centinaio sono a casa senza lavoro. Non sappiamo cosa sarà di loro dato che la cassa integrazione straordinaria (Cigs) è scaduta il 29 ottobre scorso - continua Conti -; dal 24 ottobre, giorno in cui è stato raggiunto l'accordo, si è perso inspiegabilmente tempo e ora si torna al punto di partenza rendendo la situazione molto più complicata. Chi è stato artefice di questo teatro dell'assurdo ora non può pensare di scaricare il problema sul sindacato e sui lavoratori - conclude Conti -; tutti i soggetti coinvolti ora devono ricercare una soluzione che non comprometta la continuità della cooperativa e il mantenimento dei livelli occupazionali».
 
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