Nadia Carboni: «La nuova generazione di smart city, Ravenna con la Darsena lo può diventare»

Ravenna | 04 Dicembre 2016 Blog Settesere
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Gli spazi urbani concentrano oggi la maggior parte dei problemi, ma anche le opportunità per risolverli. All’incertezza economica, accentuata da una crisi ormai cronicizzata si sommano problemi sociali, ambientali e di governance. Tuttavia in un quadro complesso per chi vive e governa i territori si profilano opportunità straordinarie da accogliere in quel nuovo spazio digitale delle città fatto di connettività, relazioni, sperimentazioni che, se integrato con strumenti di attivazione della cittadinanza, può portare a soluzioni innovative ed efficaci.
Le cosiddette «città intelligenti» stanno diventando sempre più «human smart city», nel contribuire allo sviluppo della dimensione non solo urbana e tecnologica, ma anche soprattutto sociale delle città. Le città non sono infatti solo raccoglitori di tecnologia e informazione, ma possono trasformarsi in piattaforme abilitanti alla produzione di nuove risposte di policy a nuove domande sociali: dalla sicurezza al welfare, dalla qualità della vita all’ambiente, dalla partecipazione a nuove forme di democrazia. Anche la rigenerazione urbana andrebbe intesa prima di tutto come processo sociale capace di produrre effetti socio-spaziali contestuali e duraturi nel tempo: quando gli spazi e i luoghi diventano risorse disponibili, accessibili a diversi pubblici, in grado di ancorare processi di attivazione sociale, generando apprendimento reciproco sia per le istituzioni che per i diversi attori coinvolti, allora si può produrre reale rinnovamento.
Stesso discorso vale per la rivoluzione digitale che passa in primo luogo dal fattore umano, in particolare dal cittadino, e poi in senso più ampio dall’interazione tra i cittadini, l’amministrazione e i privati, per favorire processi di co-produzione di servizi/beni pubblici, capaci di generare valore su più livelli: comunità, quartiere, città, territorio. 
In Italia, Torino, Milano, Bologna e Firenze sono tra le città che da più tempo lavorano sui temi dell’innovazione. All’estero prima fra tutte Barcellona, la cosiddetta smart city 5.0, che sta intervenendo sui nuovi quartieri intelligenti, e poi Helsinki, Copenaghen, Amsterdam che hanno fatto dell’innovazione il volano per la trasformazione economica, sociale, culturale e urbana dei loro territori.  Fino ad arrivare negli Stati Uniti dove tra New York, San Francisco e Boston i cittadini sono protagonisti digitali della manutenzione urbana. 
Non sono però solo i grandi centri urbani a fare innovazione, ma anche le città di piccole e medie dimensioni si stanno trasformando in straordinari laboratori di sperimentazione, che contribuiscono alla trasformazione non solo fisica della città, ma anche sociale e culturale. Negli anni recenti sono tantissimi gli esempi di questo tipo: caserme dismesse che si sono trasformate in luoghi con nuove vocazioni urbane; fabbriche che sono diventate spazi polivalenti dove l’incontro tra arte, creatività e tecnologia ha creato nuove forme di produzione artistica ed economica;  quartieri che si sono popolati di esperienze innovative come gli orti urbani, le social street, i condomini solidali; darsene o porti storici che hanno preso nuova vita trasformandosi in cittadelle dell’arte, della cultura e dello sport.
Sicuramente una spinta è stata giocata dall’Europa in termini di progettazione e programmazione europea. I bandi Horizon 2020 attraverso risorse significative hanno contribuito alla svolta in chiave smart di molte città. Per citare un esempio, Santander, città spagnola di poco più di 150.000 abitanti, ad oggi, rappresenta uno dei massimi esempi di città intelligente del vecchio continente, che viene presa come modello da tantissime altre realtà che vogliono raggiungere obiettivi di interazione tra tecnologia, innovazione e territorio urbano. 
Guardando al nostro territorio in prospettiva, la Darsena di Ravenna ha indubbiamente le potenzialità per trasformarsi in laboratorio di innovazione in un’ottica smart. A questo proposito la notizia, se confermata, dell’arrivo da parte del governo di 12.8 milioni di euro (come co-finanziamento del progetto Ravenna in Darsena / Il mare in piazza vedi box) potrebbe accelerare il processo di rigenerazione dell’area iniziato con l’esperienza della candidatura a Capitale Europea della Cultura e portato avanti in questi anni da brillanti realtà locali. Dovrà però dimostrarsi un percorso capace di coniugare partecipazione, innovazione sociale e tecnologica e sostenibilità.
E’ evidente che a fronte di uno scenario in continuo cambiamento e trasformazione, le città non possono più rimanere soggetti passivi, ma insieme alle istituzioni sono chiamate a ripensare sé stesse in un processo sempre più condiviso con i propri cittadini e il territorio, attraverso uno sguardo largo che arrivi alla dimensione europea, partendo dal contesto locale. Di conseguenza anche le politiche urbane andrebbero riviste da parte delle amministrazioni, uscendo dalla logica della ricerca di consenso a breve termine, per misurarsi con dimensioni progettuali che prendono forma nel tempo e che anche nei casi di insuccesso possono comunque generare e attivare processi in grado di favorire il cambiamento nel lungo periodo.

Nadia Carboni
La foto della darsena è di Massimo Fiorentini
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