L'assessore Isola: "Nuovi spazi per la cultura, anche senza grandi mostre"

Faenza | 19 Novembre 2016 Blog Settesere
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Con la rinuncia del Mar di Ravenna alle grandi mostre - che si ripetevano da anni con successo e con un indiscutibile, prezioso introito - tramonta definitivamente quel progetto vagheggiato qualche anno fa di «triangolazione» con Forlì e Faenza? Lo chiediamo a Massimo Isola, vicesindaco, assessore alla Cultura e «cercatore di risorse» per la città di Faenza che, se da un punto di vista finanziario è da tempo - e tuttora resta - la cenerentola delle tre, nondimeno mette in campo il patrimonio culturale più affascinante, certamente da un punto di vista museale, con l’internazionale Mic, il raffinatissimo Milzetti, la meravigliosa, ancorché poco conosciuta, Pinacoteca comunale, il centralissimo Museo del Risorgimento e gli specializzati Malmerendi, Bendandi, Zauli, Tramonti, Diocesano.
Non in tutti questi istituti il Comune ha voce in capitolo ma partiamo da qui: allora, vicesindaco, è davvero accantonato il progetto di una triangolazione?
«In teoria no, secondo me resta potenzialmente validissimo, ma non nego che in pratica si sia ulteriormente allontanato. Faccio comunque notare che per la prossima grande mostra di Forlì, quella sul Decò, noi saremo la prima succursale, con pezzi importanti del Mic e del Misa (il museo storico interno al «Ballardini», ndr). Non ci limiteremo a prestare, ma agiremo in sintonia con il San Domenico e ne saremo sede complementare. Detto questo, non esistono solo le grandi mostre...».
Cioè?
«Nella Fondazione Mic, in cui il Comune resta ‘socio di maggioranza’, abbiamo fatto altre scelte: cura dell’esposizione permanente, redazione di nuove guide sui settori che ne erano sprovvisti - ceramiche islamiche, precolombiane e dell’Estremo Oriente, oltre alla nuova Guida Rapida, essenziale ma completa - e chiamata di personaggi di calibro per gestire situazioni che vanno oltre la pura realtà museale: cito solo Argillà, la scuola di disegno e, chissà, per un prossimo futuro, direi entro il 2018, anche la Pinacoteca».
Quest’ultima però è sempre andata avanti, e bene, sulle sue gambe...
«Certo, basti citare le mostre, inevitabilmente piccole ma encomiabili, le conferenze, l’attività culturale. Tuttavia lo spazio espositivo è minimo - le due sale a ciò originariamente dedicate sono vincolate alla donazione Vallunga, peraltro pregevolissima - e anch’essa necessita di un ripensamento, soprattutto se potremo accedere a nuovi spazi ora occupati dal Liceo». 
Assessore, Faenza ha però - e non da oggi - anche altri problemi di spazi, quegli spazi che sono stati definiti «indecisi», inaccessibili o non valorizzati: il Palazzo del Podestà, quello delle Esposizioni...
«Per il primo bisogna intanto trovare il resto dei soldi - la Regione ce ne dà una parte - che servono per il suo restauro. Per la sua futura configurazione io penso ad un modello tipo il bolognese Palazzo di Re Enzo: non solo sede espositiva, ma anche per festival, fiere, manifestazioni. Noi ne avremmo bisogno eccome, per il Mei, per Argillà, ma anche per eventi enologici o di divulgazione turistica. Per il secondo sono più pessimista: continuiamo ad usarlo grazie agli sforzi di associazioni di volontariato, ma richiederebbe un radicale restauro per il quale oggi i fondi non ci sono».
Il Comune ha ricevuto anche la promessa di altre sedi espositive, ad esempio la casa di Muki: sarà anche prematuro, d’accordo, ma avete qualche idea in merito?
«Io penso ad un luogo per l’ospitalità e la formazione di artisti di ogni paese, in accordo con quanto auspicato dalla stessa Muki e ad un luogo per mostre intime, ‘minori’ ma non in senso riduttivo, magari per artisti locali molto amati - un Mario Pezzi ad esempio - che non pretendono o addirittura non sopporterebbero spazi grandi e molto impegnativi».
Tra i luoghi dotati di grandi potenzialità c’è anche l’ex sede dei Salesiani...
«Sì, certo, ma non per mostre. Lì prima o poi si metterà mano al teatro, cioè l’ex cinema che tutti ricordano e che potrebbe diventare uno spazio importante per spettacoli. Poi ci vedrei bene la scuola comunale di Musica, oggi in difficoltà nella sede di via Cavour». (Sandro Bassi)
 
 
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