Seduti a tavola, gli uni di fronte agli altri. Credenti e non credenti, ognuno col proprio bagaglio di diversità. Parlare e conoscersi. Questa è la ricetta di una serata riuscita, quella organizzata dalla Comunità islamica di Fusignano nella serata di domenica 3 luglio al civico 25 di via dell’artigianato in occasione dell’Iftar, la festa che ha interrotto per una serata il Ramadan, mese sacro all’Islam, chiuso ufficialmente nella serata di martedì 6.
Bensadiq, com’è andata la festa dell’Iftar?
«E’ andata bene. Forse troppo caldo – sorride Abdellah Bensadiq, presidente delle Comunità islamiche dell’Emilia Romagna -, ma è stata un successo, vista la presenza di oltre 400 persone, con fedeli giunti da vari angoli della regione e oltre 70 persone non musulmane. C’erano rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni di volontariato, un bell’esempio di integrazione. Vengono organizzate molte manifestazioni di questo tipo in tutta Italia, aperte a credenti e non credenti. Ma a Fusignano siamo stati tra i primi, almeno sette anni fa, e oggi l’evento è tra i più importanti».
Il centro islamico si è aperto alla comunità romagnola?
«I non credenti hanno potuto assistere alla preghiera all’interno del centro. E dal momento che musulmani e non musulmani sono abituati a formare gruppi separati, li abbiamo sistemati sui lati opposti dei tavoli, gli uni di fronte agli altri: tutti gli invitati hanno fraternizzato, cenato e dialogato tra loro. Erano tutti contentissimi».
Gli ultimi giorni di Ramadan sono stati sconvolti da paurose azioni terroristiche targate Stato islamico…
«Ovviamente tutti i partecipanti hanno condannato fermamente tutte le azioni criminali accadute in queste settimane: azioni compiute da stupidi, ignoranti, che nulla hanno a che fare con la religione. Siamo tutti addolorati per la barbara esecuzione dei nostri connazionali (Bensadiq è nato in Marocco, ma è cittadino italiano al cento per cento, nda) e gli atti che hanno colpito alcuni luoghi sacri all’Islam. Si tratta di criminali che non conoscono la vera religione. Ma qualcosa in Italia è cambiato: la gente oramai distingue tra i veri musulmani e i criminali».
Il percorso per l’integrazione è ancora lungo?
«Forse per una vera integrazione occorrerà aspettare ancora 10 o 20 anni, con ragazzi dalla cittadinanza italiana, musulmani e non, inseriti nel tessuto sociale e con un buon livello di cultura. Allora non avrà più senso parlare di integrazione, allora sarà tutto normale. Oggi noi dobbiamo promuovere un percorso, incontri aperti a musulmani e non assieme a persone esperte di religione, per far conoscere il vero Islam. I versetti del Corano parlano di pace, solo la loro interpretazione sbagliata può fare male. L’ignoranza è un male che vogliamo combattere insieme, promuovendo conoscenza e amicizia».